sabato 30 luglio 2016

Se si vive in condizioni disagiate, raddoppia il rischio di morte prematura

Uno studio condotto in Svezia dimostra che, indipendentemente dall’accessibilità ai servizi sanitari, le persone con diabete che vivono in un contesto di disagio socio-culturale ed economico, presentano un rischio di morte prematura doppio rispetto ai diabetici che vivono in condizioni economiche e sociali più agiate.

01 LUG - (Reuters Health) - Araz Rawshani e il suo team, del Sahlgrenska University Hospital di Goteborg in Svezia, hanno verificato l’impatto di alcuni fattori sociali ed economici sul rischio di morte nei pazienti diabetici, pur considerando che la Svezia è uno dei pochi paesi al mondo nel quale l’assistenza sanitaria è fondamentalmente accessibile a tutti.

Lo studio
Il team di ricerca ha utilizzato i dati raccolti dal 2003 al 2012, relativi a più di 217.000 adulti che si erano iscritti nel sistema di registro nazionale ad un’età media di 58 anni. Questi pazienti sono stati seguiti con un follow-up mediano di 5.6 anni. Durante lo studio si sono verificati 19.105 decessi, dei quali circa il 60% è stato collegato a malattie cardiache, circa il 37% al diabete e circa il 34% al cancro. Si è così dapprima evidenziato che le persone sposate, rispetto ai single, avevano circa il 27% in meno di probabilità di morire per qualsiasi causa. E sempre le persone sposate avevano meno probabilità di morire per malattie cardiache e diabete. Allo stesso modo, le persone del quintile con reddito inferiore mostravano il 71% in più di probabilità di morire per qualsiasi causa, rispetto alle persone nel quintile con il reddito più alto, e la loro morte era con maggiore probabilità legata a malattie cardiache, diabete e cancro.

Anche gli immigrati svantaggiati
Gli immigrati provenienti da paesi non occidentali mostravano maggiori probabilità di morire, nel corso dello studio, rispetto a chi era nato in Svezia. Inoltre, le persone con diploma di scuola superiore mostravano tassi di mortalità più bassi rispetto ai loro coetanei con istruzione di grado inferiore. In sostanza, dopo aggiustamento dei dati, uno status sociale ed economico disagiato è stato legato a un aumento raddoppiato del rischio di morte per qualsiasi causa, malattie cardiache e diabete.

I commenti
Araz Rawshani ha commentato i risultati dello studio sottolineando che il rischio di morte è stato fortemente influenzato dallo stato socio-economico della famiglia, dal grado di istruzione, dall’immigrazione e dalle condizioni economiche, anche se questi fattori, per le persone coinvolte nello studio, non incidevano nel modo di ricevere l’assistenza sanitaria. Poiché la Svezia è un Paese dove l’assistenza sanitaria è globalmente accessibile, dopo aver considerato l’influenza di vari rischi per la salute, come la pressione sanguigna e il colesterolo, l’autrice dello studio non si aspettava di registrare tanta differenza nei tassi di mortalità.

Lo studio ha evidenziato che i fattori di rischio economici e sociali sono fattori fortemente predittivi del rischio di morte, e è notato anche un piccolo aumento del rischio di morte per cancro legato a questi fattori. Rawshani ha aggiunto che il sistema sanitario dovrebbe seguire di più i pazienti che vivono in condizioni socio-economiche disagiate, dal momento che queste persone spesso vivono pesanti stress psicologici, come la disoccupazione, cattive abitudini di vita e altri problemi legati alle condizioni di salute.

In conclusione, gli stessi ricercatori ammettono che il loro studio ha alcuni limiti: non è stato possibile dimostrare in che modo lo status sociale ed economico abbia causato le morti premature nei soggetti svantaggiati rispetto alle controparti agiate, e non erano disponibili informazioni su alcuni aspetti relativi allo stile di vita. come l’abitudine di bere alcolici e di fumare.






mercoledì 27 luglio 2016

Diabete: siringa addio, il futuro è nei microinfusori


Chi soffre di diabete sin dall’infanzia lo sa bene: il rito del controllo della glicemia e del successivo «aggiustamento» tramite iniezioni sottocutanee avviene più volte al giorno. Anche se con il tempo la persona prende confidenza con la pratica, il dover fermarsi per valutare quando assumere insulina rappresenta un cambio radicale nello stile di vita rispetto a chi non è diabetico. Oggi però la tecnologia ci viene in aiuto: da diverso tempo sul mercato sono disponibili dei dispositivi in grado di monitorare costantemente la glicemia e di rilasciare insulina solo quando serve. Il tutto gestito tramite un piccolo «palmare». Il diabete giovanile –noto anche con il nome di diabete di tipo 1- è una patologia che colpisce prevalentemente i giovani. Secondo le ultime statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a soffrirne sarebbe circa il 3% della popolazione mondiale. Continua a leggere qui.

martedì 19 luglio 2016

Infermieri e aspiranti chef uniti per combattere il diabete a tavola


BUON CIBO SANONonostante i progressi ottenuti negli ultimi anni nel trattamento farmacologico, la terapia nutrizionale resta il cardine per compattere il diabete. Studi effettuati sin dagli anni ‘90, hanno dimostrato che il trattamento intensivo della malattia permetteva di raggiungere e mantenere per anni un buon controllo metabolico. Ciò significava riduzione delle complicanze microvascolari sia in prevenzione primaria che secondaria. Al proposito l’Istituto alberghiero Caurga di Chiavenna, in collaborazione con PPower, Provider arenas ministeriale, supportata dall’azienda farmaceutica Menarini, ha aderito al progetto «Chef oltre il diabete». Un corso teorico/pratico destinato agli operatori sanitari, in particolare gli infermieri, al fine di puntualizzare le conoscenze esistenti sul CHO in funzione dell’autocontrollo della glicemia e la somministrazione di terapia iniettiva e sperimentare. Continua a leggere qui.

venerdì 15 luglio 2016

Mangiare pasti fatti in casa diminuisce rischio diabete tipo 2


Washington - Le persone che consumano spesso pasti preparati in casa hanno meno probabilità di soffrire di diabete di tipo 2. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio dell'Harvard T.H. Chan School of Public Heath di Boston. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos Medicine. A livello internazionale c'è una forte tendenza a mangiare fuori e questo potrebbe portare al consumo di cibi di fast food. I ricercatori preoccupati di questa tendenza a seguire una dieta ricca di energia, ma relativamente povera di sostanze nutritive, hanno ipotizzato che questo potrebbe portare a un aumento di peso e, di conseguenza, a un aumento del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

Gli scienziati hanno quindi analizzato una grossa mole di dati sulle abitudini alimentari di numerose persone e hanno collegato queste informazioni all'insorgenza dei diabete. Ebbene, i risultati indicano che le persone che hanno riferito di consumare dai 5 ai 7 pasti serali fatti in casa nel corso di una settimana avevano un rischio inferiore del 15 per cento di sviluppare il diabete di tipo 2, rispetto invece a coloro che hanno riferito di aver consumato solo 2 pasti o meno preparati in casa in una settimana. Secondo i ricercatori questa associazione sarebbe dovuta all'aumento di peso piu' frequente nei soggetti che mangiano fuori. 

martedì 12 luglio 2016

Il piede diabetico: perché si manifesta e come prevenirlo.


I numeri sul diabete presentati durante il 71mo congresso dell'American Diabetes Association (ADA) svoltosi a San Diego sono quelli di un'epidemia mondiale: 350 milioni le persone affette da diabete che nel 2030 diventeranno 700 milioni.
Solo in Italia sono 5 milioni i diabetici e si ipotizza che altri 3 milioni ignorino di esserlo.
È un fenomeno che nelle prossime 24 ore vedrà 55 diabetici diventare ciechi, 120 in dialisi, 230 saranno sottoposti ad amputazione chirurgica di una gamba a causa delle complicanza vascolare e 810 perderanno la vita.
E' un'epidemia silenziosa.
Silenziosa perché il diabete non duole, ti consuma e corrode dall'interno, interessando e degenerando progressivamente diversi organi e tessuti
Gli esperti sottolineano l'importanza della prevenzione ed è proprio questo l'argomento del post: laprevenzione dermatologica nel soggetto diabetico.
Il diabete, infatti, non è solo una patologia metabolica che comporta un aumento del valore della glicemia nel sangue ma è responsabile anche di danni degenerativi a livello cutaneo.
Se chiedessi qual è una complicanza cutanea del diabete, credo che tutti risponderebbero il piede diabetico, giustamente, ma se chiedessi ancora: perché si manifesta?
A questo punto sorgerebbero i primi dubbi e i più penserebbero solo ad un fenomeno intrinseco ed inevitabile della patologia.
I danni del diabete a livello cutaneo
L'iperglicemia dovuta al diabete è responsabile di una serie di alterazioni morfologico e funzionali a livello del derma della cute. Le alterazioni sono dovute ad un danno sia diretto, indotto dall'iperglicemia stessa, sia indiretto, di tipo degenerativo.
Nel primo caso, l'iperglicemia induce un'alterazione biochimica del collagene che, a seguito di una glicosilazione, diventa più resistente e l'organismo più difficilmente riesce a degradarlo e rimpiazzandolo con uno nuovo.
Da un punto di vista pratico si assiste ad un progressivo ispessimento e un indurimento del dermache diviene più compatto e rigido.
Oltre al danno delle fibre collagene si verificano anche anomalie strutturali e irreversibili a carico delle fibre elastiche, che tendono a scomparire. La conseguenza pratica è una perdita di elasticità da parte del derma.
Quindi il derma di un diabetico si presenta molto compatto, rigido ma poco elastico.
Infine, l'iperglicemia distrugge le fibre di ancoraggio che servono ad ancorare il derma all'epidermide, predisponendo di conseguenza l'epidermide all'insorgenza di facili abrasioni anche dopo una minima sollecitazione meccanica o fisica.
Pertanto, l'epidermide e il derma della cute di un soggetto diabetico si presentano come due differenti strutture anatomiche parallele tra loro, attigue ma fisicamente separate o non ben ancorate l'una all'altra.
E' facile intuire che in questo modo nelle zone sottoposte a pressione e/o compressione, quale la superficie plantare, possono comparire dei veri e propri scollamenti sottocutanei e degli ispessimenti (tilomi) in superficie a livello epidermico.
In poche parole, la cute del soggetto diabetico ha una scarsa resistenza alle sollecitazioni fisiche e di conseguenza dove la cute è più sottile si formeranno dopo un minimo sfregamento delle abrasioni mentre dove è più spessa, come a livello plantare, degli ispessimenti callosi.
In profondità, però al di sotto delle ipercheratosi si formeranno al confine tra l'epidermide e il derma dei veri e propri scollamenti tra i due tessuti.
A tutto questo, bisogna aggiungere il danno cutaneo indiretto dovuto ad una degenerazione vascolare indotta sempre dall'iperglicemia e responsabile di un'alterazione dell'ossigenazione.
Dapprima il flusso sanguigno dei piccoli vasi e poi lentamente anche quello dei grandi vasi diminuisce a causa dell'ispessimento progressivo delle pareti vasali, responsabile di un ridotto lume vasale a livello dei tessuti in generale, cute compresa.
L'ostruzione di questi piccoli vasi (microangiopatia) oltre alla mancata ossigenazione cutanea induce una sofferenza a carico delle fibre nervose sensitive, della retina, della funzionalità renale, ecc.
Le turbe della sudorazione sono un iniziale segno cutaneo della neuropatia del diabetico e via via che peggiora la degenerazione dei vasi con interessamento di quelli di calibro progressivamente maggiore aumenta contemporaneamente la neuropatia con rilevanti alterazioni a carico della sensibilità e della percezione del dolore.
Il piede diabetico
Tutti i diabetici con arteriopatia e neuropatia degli arti inferiori sono a rischio di sviluppare il piede diabetico.
Inizialmente, la perdita della sensibilità profonda e la diminuzione del trofismo muscolare determinano un'alterazione della statica della persona che a sua volta favorisce la comparsa di duroni e calli nelle zone di appoggio e/o sfregamento a livello plantare.
Sotto i duroni, come accennato prima, si formano le bolle da attrito, le quali rompendosi si infettano e difficilmente regrediscono e guariscono spontaneamente a causa dell'alterata ossigenazione cutanea.
Successivamente si formano degli ascessi che erompono sulla superficie cutanea (mal perforante) e che in profondità si estendono fino a poter interessare le ossa, le articolazioni e i tendini.
Consigli pratici per evitare il piede diabetico
Ispezionare sistematicamente la propria pelle alla ricerca di piccole ferite o infezioni, prestando attenzione soprattutto negli spazi interdigitali e segnalando immediatamente al proprio dermatologo ogni manifestazione o lesione cutanea sospetta.
In caso di lesioni sospette evitare assolutamente il «fai da te» per non complicare ulteriormente il quadro clinico e l'eventuale infezione iniziale.
Prestare attenzione ad evitare i traumatismi in corrispondenza degli arti inferiori.
Non deambulare a piedi nudi per evitare escoriazioni o sollecitazioni dirette sulla superficie plantare.
Non indossare scarpe in gomma, che possono far macerare la pelle, né quelle a punta o con i tacchi alti perché favoriscono sollecitazioni fisiche e sovraccarichi non fisiologici sulla pianta del piede.
Indossare calzature comode, larghe, confortevoli e prive di cuciture interne.
Usare plantari personalizzati di scarico per correggere eventuali errori di postura che potrebbero sovraccaricare punti localizzati del piede, favorendo la comparsa di tilomi.
Indossare calze senza cuciture interne specifiche per diabetici e non elasticizzate.
Lavarsi i piedi con acqua tiepida (30-35 gradi centigradi) perché una temperatura superiore può far macerare la pelle e predisporla alle infezioni.
Asciugare accuratamente il piede e gli spazi interdigitali, evitando di sfregare energicamente.
Applicare quotidianamente e sistematicamente creme o lozioni idratanti massaggiando delicatamente la pelle. L'uso sistematico di idratanti ha diversi vantaggi:
idrata la pelle e gli eventuali indurimenti (ipercheratosi)
facilita l'auto-ispezione della pelle durante il massaggio
stimola il microcircolo vascolare
Durante l'applicazione della crema idratante, prestare attenzione agli spazi interdigitali affinché non rimangano residui di crema non assorbita che potrebbero favorire la macerazione cutanea e di conseguenza predisporre alle infezioni micotiche e/o batteriche che, quando presenti, devono essere trattate tempestivamente.
Infine, se sono presenti delle rilevanti ipercheratosi plantari ridurle con una pietra pomice o limetta specifica evitando l'applicazione dei callifughi perché potrebbero essere troppo aggressivi asportando in toto l'epidermide ed esponendo il derma.


lunedì 11 luglio 2016

Tutti i benefici del latte intero: tiene a bada perfino diabete e obesità


Per non diffondere messaggi contraddittori nel campo della nutrizione è importante considerare i cibi nella loro interezza, non come contenitori di singoli nutrienti. A pensarla così è il cardiologo ed epidemiologo statunitense Dariush Mozaffarian, che ha da poco firmato un’importante ricerca che porta alla ribalta uno degli alimenti cardine della nostra dieta, il latte intero, troppo spesso trascurato o sostituito con varietà di origine vegetale per via del suo elevato contenuto di grassi.  Nello studio apparso sulla rivista Circulation, Mozaffarian, assieme ai colleghi della Harvard School of Public Health e della Tufts University di Boston, ha presoin esame un campione di oltre 3 mila pazienti per 15 anni, analizzando a più riprese la presenza nel loro sangue di tre acidi grassi derivati da prodotti caseari. Continua a leggere qui.

venerdì 8 luglio 2016

Le regole per una vacanza sicura

vacanza diabeteChi ha il diabete cosa deve mettere in valigia per una vacanza sicura? Cosa fare prima di partire? E se una persona che convive con il diabete deve prendere l’aereo? Ecco alcune precauzioni per gestire la patologia anche lontano da casa, soprattutto se si sceglie di viaggiare da soli del dottor Cesare Berra, responsabile della Sezione Malattie Metaboliche dell’ospedale Humanitas.
Prima di partire, una visita dal medico che prescriverà i farmaci necessari per il diabete. Non rinunciare a una visita dal proprio medico di base o diabetologo di fiducia. Il personale sanitario prescriverà i farmaci necessari per il trattamento del diabete e in relazione anche alla meta vacanziera prevista, potrà fornire utili suggerimenti sulle precauzioni da effettuare. Continua a leggere qui.

venerdì 1 luglio 2016

L’ipotiroidismo è un fattore di rischio per lo sviluppo del diabete


Tiroide e diabete vanno a braccetto. L’ipotiroidismo lieve, anche in assenza di sintomi, aumenta del 13 per cento la probabilità di sviluppare diabete di tipo 2. Il rischio aumenta fino al 40 per cento in persone con ridotta funzionalità tiroidea e già affette da pre-diabete. Lo ha dimostrato uno studio presentato al recente congresso dell’Endocrine Society a Boston.

I risultati derivano da una ricerca condotta su 8.452 persone con età media di 65 anni partecipanti al Rotterdam Study, un ampio studio che dal 1990 ha coinvolto 14.926 cittadini over 55 a Rotterdam, nei Paesi Bassi. Lo scopo è quello di identificare i fattori di rischio e le cause di malattie presenti nella popolazione anziana, quali malattie cardiovascolari, endocrine, epatiche, neurologiche, psichiatriche. Durante gli 8 anni di follow-up, degli 8.452 partecipanti 1.100 hanno sviluppato un pre-diabete e 798 un diabete di tipo 2, mostrando un maggiore rischio di sviluppare la patologia diabetica in presenza di alti valori di Tsh.

«Questo studio mostra chiaramente - spiega  Roberto Vettor, Direttore della Clinica Medica 3 e del Centro per lo Studio e per la Terapia Integrata dell'Obesità Laboratorio Endocrino-Metabolico Università di Padova - l’influenza non solo di un ridotto funzionamento tiroideo ma anche di una funzionalità tiroidea al limite inferiore della normalità sull’incidenza di pre-diabete e diabete di tipo 2». Questo legame tra le due malattie endocrine più diffuse non può venire ignorato dalle politiche di prevenzione.


«L’insieme di questi dati - commenta Vettor - ci suggerisce l’importanza di effettuare in tutti i pazienti con diabete uno screening per la funzionalità tiroidea. Alla luce dei recenti risultati emersi dal Rotterdam study un test di screening di funzionalità tiroidea dovrebbe essere proposto nelle persone con pre-diabete».




http://www.healthdesk.it/ricerca/ipotiroidismo-fattore-rischio-sviluppo-diabete