Uno studio pubblicato sulla rivista Diabes Care e condotto al Wolfson Medical Center's Diabetes Unit dell’Università di Gerusalemme e alla Lund University in Svezia ha dimostrato che nei soggetti affetti da diabete alimentare (cioè di tipo 2, insulino-resistente) non fare colazione e rimanere a stomaco vuoto fino all’ora di pranzo fa impennare la glicemia dopo i pasti e diminuisce la risposta insulinica per tutto il resto della giornata. Continua a leggere qui.
giovedì 17 dicembre 2015
Saltare la colazione fa aumentare la glicemia
Uno studio pubblicato sulla rivista Diabes Care e condotto al Wolfson Medical Center's Diabetes Unit dell’Università di Gerusalemme e alla Lund University in Svezia ha dimostrato che nei soggetti affetti da diabete alimentare (cioè di tipo 2, insulino-resistente) non fare colazione e rimanere a stomaco vuoto fino all’ora di pranzo fa impennare la glicemia dopo i pasti e diminuisce la risposta insulinica per tutto il resto della giornata. Continua a leggere qui.
mercoledì 9 dicembre 2015
Diabete e Alimentazione, ecco alcuni consigli utili a tavola
Ne esistono diverse forme: il diabete insulino-dipendente o di tipo 1 (le cellule beta del pancreas che producono insulina sono distrutte completamente da un processo di auto-immunità), il diabete non insulino-dipendente o di tipo 2 (la produzione di insulina da parte delle cellule beta è presente ma è inadeguata al fabbisogno, aumentato a causa del sovrappeso), il diabete secondario a malattie pancreatiche (anche le beta cellule sono coinvolte dal processo patologico), ad alterazioni ormonali, indotto da farmaci o sostanze chimiche e ad anomalie dei recettori insulinici e il diabete mellito gestazionale, che insorge nella donna in dolce attesa. Continua a leggere qui.
martedì 1 dicembre 2015
Siesta oltre 40′, rischio diabete
La ricerca è stata condotta dal giapponese Tomohide Yamada, dell’università di Tokyo, ed è in realtà una revisione di più di 680 ricerche, pubblicate dal novembre 2014 e inserite poi nel database di Medline, Cochrane Library e Web of Sciences. Dieci di questi lavori rispondevano ai requisiti richiesti, condotti tra Europa, Asia e Usa e che hanno coinvolto 260 mila soggetti. Ebbene, è emerso che la sonnolenza diurna è associata a un 56 per cento di diabete di tipo 2. Continua a leggere qui.
venerdì 27 novembre 2015
Il diabete si cura con l'extravergine? Lo dice uno studio
Dalla ricerca emerge che l’extravergine di oliva si comporta come un antidiabetico orale con un meccanismo simile ai farmaci di nuova generazione, le incretine (ormoni naturali prodotti a livello gastrointestinale che riducono il livello della glicemia nel sangue). Nella ricerca condotta al Policlinico Umberto I Sapienza Università di Roma è stato analizzato il profilo glucidico e lipidico di 25 soggetti sani sperimentando la somministrazione di una dose di 10 grammi di olio d’oliva in un pasto con tipico cibo mediterraneo. Continua a leggere qui.
martedì 3 novembre 2015
Il diabete e il rischio dermatite atopica
Nello studio sono stati analizzati i dati relativi a 3386 pazienti con diagnosi di diabete di tipo 1 effettuata fra il 1998 e il 2011 e 12725 controlli, nessuno con diagnosi di diabete, ma paragonabili ai pazienti con diabete per sesso e età. Continua a leggere qui.
lunedì 26 ottobre 2015
Un bicchiere di vino rosso a sera migliora il diabete
E' quanto emerge da uno studio guidato dall'università Ben-Gurion del Negev, in Israele. Gli studiosi hanno analizzato 224 pazienti con diabete di età compresa tra 45 e 75 anni, che generalmente non bevevano alcol, ad alcuni dei quali è stato chiesto di iniziare e bere moderatamente vino nell'ambito di una dieta sana. Continua a leggere qui.
domenica 18 ottobre 2015
Il cerotto insulina-intelligente: una svolta per chi soffre di diabete

Il cerotto, creato da ricercatori della University of North Carolina e NC State, è un quadrato sottile ricoperto da oltre 100 piccoli aghi. Secondo i ricercatori, il cerotto è veloce da applicare, è semplice da usare ed è realizzato con materiali bio-compatibili. Continua a leggere qui.
martedì 6 ottobre 2015
Diabete in gravidanza: più rischi se si aspetta un maschio
Nella ricerca sono stati analizzati i tassi di casi di diabete e, oltre ad aver scoperto che le donne che aspettano un maschietto hanno maggiori probabilità di sviluppare il diabete gestazionale, gli esperti hanno anche messo in evidenza che le donne in cui si manifesta la malattia pur aspettando una femmina sono poi a più alto rischio di diagnosi di diabete di tipo 2 dopo la gravidanza. Continua a leggere qui.
venerdì 2 ottobre 2015
Positivo all'alcoltest, il medico: «Colpa del diabete»

«Il diabete porta alla produzione di corpi chetonici, i quali possono essere convertiti dal fegato in isopropanolo che, essendo alcol, viene rivelato dall’etilometro determinando un falso positivo». Continua a leggere qui.
mercoledì 23 settembre 2015
Diabete? Ecco il succo che fa per voi
venerdì 18 settembre 2015
La curcuma un aiuto contro diabete e obesità
A dimostrarlo sono i primi risultati di uno studio italiano illustrato all’Expo da Rolando Alessio Bolognino, docente del master in Scienze della Nutrizione e Dietetica Clinica dell’Universita’ La Sapienza e responsabile del servizio Nutrizione Preventiva del Presidio Prevenzione Oncologica SIRP. Continua a leggere qui.
lunedì 14 settembre 2015
Il diabete si può prevenire nell’adolescenza
L’inizio dell’adolescenza è una fascia di età importante per agire contro il diabete, dice lo studio. Infatti, fare attività fisica nella prima adolescenza non solo porta vantaggi immediati ma nel lungo periodo riduce il rischio di sviluppare il diabete.
Lo studio pubblicato sulla rivista `Diabetologia` e condotto nell’Università di Exeter (Inghilterra) ha trovato che, mentre lo sport ha un grande impatto positivo sulla salute degli adolescenti a 13 anni, non influenza la resistenza all’insulina a 16 anni. Continua a leggere qui.
venerdì 11 settembre 2015
Medicina: dai batteri dell’intestino una protezione contro il diabete tipo 1
mercoledì 9 settembre 2015
Diabete di tipo 1, a segnalarlo pensano i cani di famiglia
Così come esistono i cani “scova-tumore”, il migliore amico a quattro zampe dell'uomo può infatti anche avvertire le variazioni di zucchero nel sangue, tanto che oggi alcuni centri di addestramento offrono percorsi proprio per insegnare al cane di famiglia a segnalare una situazione di ipoglicemia o di iperglicemia. Continua a leggere qui.
lunedì 3 agosto 2015
Occhio all’indice glicemico dei cibi!
Che cos’è, nello specifico, l’indice glicemico?
«L’indice glicemico è un valore che indica la capacità di un alimento di far aumentare la glicemia. Un indice glicemico alto indica una crescita veloce della glicemia».
Perché chi è affetto da diabete deve tenere sotto controllo l’indice glicemico?
«Chi soffre di diabete deve evitare aumenti repentini di glicemia. Tenere sotto controllo l’indice glicemico significa valutare quali alimenti possano essere assunti senza incorrere nei problemi che possono essere generati da questo innalzamento. Se vedo che un certo cibo mi provoca un aumento importante della glicemia, in futuro lo eviterò o ridurrò la quantità che ne assumo ». Continua a leggere qui.
martedì 28 luglio 2015
Diabete di tipo uno, tanto stress e paura per i malati
Una malattia in aumento
Il diabete di tipo uno è la forma che compare in genere da giovanissimi, nella quale la produzione di insulina da parte del pancreas è azzerata e deve essere rimpiazzata con la somministrazione regolare dell’ormone attraverso iniezioni, da quattro a sei volte al giorno, o con un microinfusore. Continua a leggere qui.
mercoledì 22 luglio 2015
Diabete. In Italia 1,5 mln di pazienti abbandonano cure. Gli esperti: “Troppe pillole al giorno”
giovedì 16 luglio 2015
Da una ricerca rivoluzionaria una speranza di cura per il diabete
venerdì 10 luglio 2015
Diabete e piorrea, il video-denuncia sull’abuso di Coca Cola e altre bibite gassate
Ora a 44 anni di distanza, gli attivisti del CSPI (Centre for Science in the Public Interest), associazione americana no-profit che si occupa di salute e alimentazione, hanno prodotto “Change the Tune”, remake della celebre pubblicità, per denunciare i danni alla salute causati dal consumo eccessivo di bibite gassate chiamando a raccolta gli stessi protagonisti di allora. Guarda il video qui.
sabato 4 luglio 2015
Un milione di Italiani non sa di avere il diabete!
Sono 382 milioni i malati di diabete mellito di tipo 2 nel mondo, saliranno a 592 milioni nel 2035, con un aumento del +55%. È il dato emerso dal convegno «Prendersi cura del cittadino con patologia cronica: risultati e prospettive», organizzato a Genova a Palazzo Ducale da Anci Liguria, Federsanità e Fiaso.
«Sono 3 milioni le persone affette da diabete oggi in Italia, un milione di persone pur avendo la malattia non ne ha coscienza - sottolinea il presidente nazionale di Federsanita’ Servizi Maurizio Dore -. Il diabete di tipo 2 riduce l’aspettativa di vita in Italia da 5 a 10 anni. Più l’età media della popolazione italiana invecchia, più avremo persone affette da diabete di tipo 2, con l’aumento del rischio di patologie concomitanti».
Continua a leggere qui.
martedì 23 giugno 2015
Il 29 Giugno dalle 9.00 alle 13.00, presso la Farmacia Danile giornata del Diabete.
Impara a difenderti!
Test gratuiti della glicemia a tutti gli interessati, con misurazione del BMI (indice di massa corporea) e della pressione arteriosa.
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Giornata del Diabete
sabato 9 maggio 2015
il diabete: cibi sì e cibi no
Controllare l'alimentazione è
fondamentale per chi soffre di diabete. Scopri cosa mangiare e cosa evitare,
grazie ai consigli dell'esperta
Il diabete è
una patologia in continua crescita. Secondo recenti dati dell'OMS, le persone
che nel mondo soffrono di diabete sono sempre più numerose. A questo
preoccupante numero, però, vanno aggiunti anche coloro che non sanno di esserne
affetti.
La patologia più
diffusa è il diabete di tipo 2: soprattutto in questi casi, l'alimentazione gioca
un ruolo fondamentale poiché funziona anche come strumento di terapia. Ma
cosa dovrebbe mangiare chi soffre di diabete? L'alimentazione ideale è quella
che predilige legumi, frutta, verdura e cereali integrali.
Con i consigli della
dott.ssa Francesca Noli, biologa nutrizionista, abbiamo individuato alcune
semplici scelte alimentari corrette e altre, invece, da evitare.
Lenticchie, ceci, fagioli
Uno degli alimenti che non dovrebbero mai
mancare sulla tavola di chi soffre di diabete (ma non solo), sono ilegumi. Si tratta, infatti, di
un supercibo in grado di apportare numerosi benefici al nostro organismo.
I legumi infatti, grazie all'elevato contenuto di fibra solubile, aiutano a
tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue.
Quindi, portare in tavola lenticchie, piselli, ceci
e fagiolidue-tre volte a settimana è, senza dubbio, una scelta salutare. «Inoltre, sempre la
presenza dellefibre aumenta il senso di sazietà» specifica la
dott.ssa Noli. Tutto ciò è di aiuto per evitare attacchi di fame e abbuffate varie
responsabili dell'aumento di peso.
Benefici colori
Frutta e verdura non dovrebbero mai
mancare all'interno di una dieta varia ed equilibrata. I vegetaliassumono un ruolo
di rilievo anche nell'alimentazione deidiabetici poiché aiutano a
controllare l'assorbimento degli zuccheri nel sangue. L'ideale è
consumarecinque porzioni di vegetali al giorno, variando il
più possibile "colore" e tipologia.
Per quanto riguarda leverdure, queste non
dovrebbero mai mancare all'interno di ciascun pasto (sia a pranzo sia a
cena). «Frutta e verdura sono benefiche per chi soffre di diabete. La fibra, infatti, tiene
sotto controllo i valori di glucosio, aumenta il livello di sazietà e aiuta, così, a tornare
al peso forma» specifica
l'esperta. «Il sovrappeso, infatti, spesso si associa al diabete. Diciamo che
chi è sovrappeso oppure obeso, ha maggiori probabilità di soffrire di diabete»
conclude la dott.ssa Noli.
Pane e pasta integrali
Chi soffre di diabetedovrebbe
prediligere i carboidrati complessi, contenuti nei cerealipreferibilmenteintegrali.
Quindi, via libera a
pasta o riso integraleconditi con verdure e legumi, irrorati con un filo
di olio EVO a crudo. Primi piatti a base di cereali integrali, arricchiti con
sughi diverdure, garantiscono un ottimo apporto difibre, con benefiche
ripercussioni sulla salute (glucosio e grassi sotto controllo, maggior
sazietà).
«La dieta mediterranea (ricca
di frutta, verdura, pesce e cereali integrali) si rende quindi adatta
anche all'alimentazione del diabetico» specifica la dott.ssa Noli.
Non solo pasta, pane e
riso integrali: per variare la dieta, si possono alternare appaganti
pastasciutte a gustosi piatti unici a base di cereali e legumi come,
ad esempio, kamut e lenticchie o, ancora, cous cous di farro,
piselli e verdure.
Attenzione a ciò che bevi
Non solo cibo, se bisogna tenere sotto controllo
la glicemia è necessario fare attenzione anche a ciò che si beve. Per esempio, chi
soffre di diabete dovrebbe evitare il consumo dibevande zuccherate, quali:
cola, aranciate, gazzose, succhi di frutta e cocktail vari.
Si tratta, infatti, di vere e proprie "bombe zuccherine"
che innalzano rapidamente la glicemia. «Inoltre, le bevande zuccherate
apportano le caloriecosiddette "vuote", cioè
prive di nutrimento» afferma la
dott.ssa Francesca Noli.
Attenzione anche allo zucchero nascosto e ben camuffato:
contenuto, ad esempio, infrutta sciroppata e snack dolci.
Prediligi i cibi a bassa
densità energetica
Tra i cibi da
evitare, per scongiurare picchi diglicemia, vi sono tutti quegli alimenti aelevata
densità calorica. «Gli alimenti con un elevato contenuto in grassi ezuccheri
semplici, ma con un basso contenuto in acqua apportano in genere molta energia in poco volume.
Sono gli alimenti ad alta densità energetica come una fetta di torta al
cioccolato o untramezzino con maionese o, ancora, gli insaccati» spiega la
dott.ssa Noli.
«Gli alimenti ricchi in
acqua e fibre come frutta, verdura e cereali integraliapportano invece poche calorie in un grande
volume e sono definiti a bassa densità energetica» aggiunge la dott.ssa
Noli.
inoltre, come spiega
l'esperta: «Lo stomaco è “ingannato” dal volume del cibo e, quindi, cibi o
preparazioni che hanno una bassa densità energetica hanno un maggior potere
saziante». Un esempio: primi piatti a base di cereali integrali, legumi e
verdure. Un menu-sazietà indicato anche per chi deve dimagrire e
ricordiamo che il sovrappeso è spesso associato al diabete.
Un bicchiere di vino al
giorno
L'alcol, se si soffre didiabete o
se si è insovrappeso, andrebbe evitato. Se, ogni tanto, ci si vuol concedere unbicchiere di vino è
opportuno tenere d'occhio le dosi concesse.
«Una moderata
introduzione di alcol, fino a 10 g/die per le donne (una
porzione) e 20 g/die per gli uomini (due porzioni), è accettabile» specifica la
dott.ssa Francesca Noli.
Chi soffre di diabete,
infine, dovrebbe invece evitare del tutto bevande come i cocktail a base
di superalcolici. Lo stesso discorso vale per i mix analcolici,
ricchissimi di zuccheri
mercoledì 6 maggio 2015
Le fragole allontanano diabete e infarti
Le fragole prevengono problemi cardiaci e
diabete, lo dimostrano due nuovi studi. Un' ottima notizia per iniziare la
bella stagione.
Due nuovi studi hanno dimostrato che mangiare fragole tutti i giorni può
ridurre i rischi per il cuore e l'insorgere del diabete, due disturbi cronici
molto diffusi al giorno d'oggi.
Questi sudi hanno scoperto una relazione tra l'assunzione di fragole e
l'abbassamento dei livelli di resistenza all'insulina, l'abbassamento del
colesterolo e anche delle infiammazioni: tutti fattori che accrescono il
rischio di diabete e problemi cardiaci. Secondo il primo studio, siamo di
fronte a un passo avanti per la prevenzione del diabete di tipo 2. Quando gli
adulti obesi presi in esame consumavano bevande contenenti fragole, il livello
di insulina nel sangue si riduceva in maniera significativa. Gli stessi
individui mostravano una decrescita del livello di colesterolo cattivo e una
riduzione del IL-6, una proteina che è uno dei più importanti mediatori della
febbre e delle risposte di fase acuta; questo stava a significare una
diminuzione del rischio infezioni.
Nel secondo studio, a degli obesi adulti veniva offerta una bibita
liofilizzata alla fragola e poi venivano misurati i fattori che generalmente
causano problemi cardiaci. Coloro che consumavano l'equivalente di quattro
porzioni di fragole al giorno hanno visto scendere il livello di colesterolo e,
allo stesso tempo, hanno mostrato un livello più alto di Glutatione, un forte
antiossidante che riude il rischio di malattie croniche. Ora che sta arrivando
la bella stagione possiamo prendere spunto da queste ricerche e aggiungere
delle deliziose fragole alla nostra dieta. Possiamo goderci anche un tiramisù
alle fragole; una ricetta gustosa e primaverile. Uniamo la bontà delle fragole
alla tradizione dolciaria italiana, per ottenere un tiramisù da leccarsi i
baffi.
sabato 2 maggio 2015
Tutti i sintomi del diabete
La definizione clinica di diabete indica un
gruppo di malattie metaboliche caratterizzata da alti livelli di glucosio nel
sangue, cioè da valori fuori dalla norma della glicemia.
Il glucosio fornisce energia alle
cellule del corpo che però ne impediscono l’ingresso se non vengono attivate da
un meccanismo ormonale. I livelli di glucosio circolante sono regolati
dall’insulina, un ormone peptidico prodotto dalle cellule beta delle isole di
Langherans, nel pancreas. L’insulina, quando ne è stimolata la produzione,
attiva i recettori cellulari che permettono l’ingresso del glucosio nelle
cellule. In assenza di insulina tutte le cellule del corpo, ad eccezione di
quelle del fegato e del cervello, restano impermeabili al glucosio.
Per consentire il miglior
assorbimento del glucosio, la produzione di insulina non è costante ma aumenta
subito dopo i pasti – picco insulinemico post-prandiale – e diminuisce dopo 2
-3 ore dal pasto, quando l’organismo è in riposo (basale). La produzione di
glucosio è tanto maggiore quanto più alto è il contenuto in grassi, zuccheri e
carboidrati assunti con la dieta, mentre l’assorbimento è rallentato dalla
presenza di fibra alimentare, presente nella maggior parte di alimenti di
orgine vegetale.
Quando l’organismo non produce
insulina si parla di diabete di tipo1 o
insulino-dipendente, una patologia cronica che costringe chi ne è affetto ad
assumere insulina esogena tramite iniezioni quotidiane. Quando la produzione di
insulina è irregolare e insufficiente si parla di diabete di tipo 2.
Gli endocrinologi calcolano che
nel mondo ci siano 382 milioni di persone affette da diabete, per il 10% di
tipo 1 mentre il restante 90% di tipo 2.
Esiste una spiccata correlazione
tra obesità e diabete perché, con una prolungata
sovra-alimentazione, la produzione di insulina si mantiene a livelli
costantemente elevati, portando a una condizione metabolica diiperinsulinismo.
L’iperinsulinismo, nel tempo, fa si che le cellule dell’organismo perdano
gradualmente la loro sensibilità all’insulina e diventino insulino-resistenti,
il che porta ad un aumento permanente dei livelli di glucosio nel sangue.
Per questo motivo il diabete è
una malattia in aumento nei paesi occidentali [1].
Quali
sono i sintomi che possono farci pensare al diabete?
Il diabete è una patologia
caratterizzato da una sintomalogia non dolorosa e non invalidante che, a prima
vista e soprattutto nel diabete di tipo 2, può sembrare innocua. Per questo
viene spesso trascurata.
Se sono presenti alcuni di questi
sintomi, vale la pena di rivolgersi al proprio medico. Un semplice test della
glicemia, che deve essere inferiore 126 mg/dl, toglierà ogni sospetto. Anche il
test dell’intolleranza al glucosio può diagnosticare il diabete, in questo caso
i valori devono essere superiori ai 200 mg/dl mentre valori > 140 < 200
evidenziano una condizione di ridotta tolleranza al glucosio o IGT.
E’ bene rivolgeris al proprio
medico in presenza di:
Poliuria: cioè minzione frequente in assenza di assunzione di liquidi. La poliuria
viene diagnosticata quando la produzione giornaliera di urina supera i 2 litri.
Quando c’è troppo glucosio circolante si urina più spesso. Se l’insulina è
inefficace, o non c’è affatto, i reni non possono filtrare il glucosio ed
assorbiranno più acqua dal sangue, al fine di diluirlo. L’acqua, a sua volta,
riempirà più spesso la vescica.
Polidipsia: aumento della sensazione di sete dovuta alla
necessità di reintegrare i liquidi persi.
Astenia: se il glucosio non viene assorbito a livello cellulare, il nostro
organismo riceve meno energia di quanta ne serva, per questo motivo ci si
stanca facilmente.
Perdita di peso: è il sintomo tipico del diabete di tipo 1. Poichè
il glucosio nelle cellule è insufficiente, l’organismo è costretto a cercare
altre fonti di energia, trovandola negli accumuli presenti nei tessuti grassi e
nel tessuto muscolare.
Senso di fame: per lo stesso motivo, la mancanza di glucosio
cellulare, l’appetito può essere continuamente stimolato e portare, chi soffre
di diabete, a mangiare oltre il normale.
Questi sintomi sono tipici del
diabete in fase iniziale, altri e più gravi si presentano in caso di decorso
avanzato della malattia come visione offuscata, retinopatie e nefropatie [2].
Come
si manifesta il diabete in gravidanza?
Anche se essere diabetiche può
può rendere più complicata la gravidanza, nella maggior parte dei casi ne
soffre può portarla tranquillamente a termine e partorire un figlio sano,
soprattutto se ha avuto l’accortezza di preprararsi prima e mantenersi sempre
sotto controllo.
Questo è particolarmente vero nel
caso di diabete di tipo 1 che comporta rischi più gravi.
Le possibili complicanze
potrebbero portare la donna ad avere disturbi come nefropatie e
retinopatie, mentre il feto potrebbe non superare il parto o nascere affetto da
patologie molto invalidanti. Per questo, chi è affetto da diabete di tipo 1
deve assicurarsi prima che il diabete sia del tutto sotto controllo e durante
la gravidanza lo stesso, sottoponendosi a tutti i controlli del caso.
Sia prima che durante la
gravidanza può essere utile effettuare quotidianamente il test
dell’emoglobina glicata, un autotest conosciuto come “il test della puntura sul
dito”. Se i valori sono superiori al 6,5% è bene aspettare che scendano nel
range prima di provare ad avere un bambino; se fossero vicini al 10% aspettare
diventa un obbligo.
Anche chi non è malata di diabete
deve prestare attenzione ai livelli glicemici perché durante la gravidanza,
soprattutto dopo i primi 3 tre mesi, alcune donne sviluppano una particolare
forma di diabete, conosciuta come diabete gestazionale. Si verifica perché l’organismo non
riesce a produrre la maggior quantità di insulina dovuta alle aumentate
richieste della gravidanza. Questa forma di diabete sparisce dopo il parto, ma
può essere un campanello d’allarme perché le donne che hanno sviluppato il
diabete gestazionale sono più a rischio di sviluppare il diabete tipo 2 [3].
E
per il diabete di tipo 2?
Se i meccanismi che portano alla
presenza di diabete di tipo 2 sono ben conosciuti e spiegati, non si può dire
altrettanto per quanto concerne le cause.
Per quanto meno invalidante e
peridoloso del diabete di tipo1, i sintomi non vanno sottovalutati perché una
diagnosi precoce permette di ottenere risultati migliori e rendere meno
complicato il decorso della malattia, anche se sono rari i casi di remissione
completa.
Al contrario, sottovalutarlo può
portare a complicanze, anche importanti, soprattutto a carico dell’apparato
cardiovascolare e di quello renale. Recentemente sono state formulate ipotesi,
frutto di studi scientifici, di una correlazione con la malattia di Alzheimer,
con un rischio tanto più alto quanto più alto è il disordine del controllo dei
livelli di zucchero nel sangue.
I due fattori principali per la
prevenzione e la cura del diabete di tipo 2 sono l’attività fisica e la dieta.
Una dieta quanto più possibile
povera zuccheri, sia provenienti da cibi che ne sono ricchi sia dall’alcol, e
ricca di vegetali, frutta e cereali, unita a una costante attività fisica sono
necessari. L’attività fisica, sempre di tipo aerobico, va quantificata in 30
minuti quotidiani, basta camminare o fare ginnastica, anche in casa propria
[4].
Il trattamento medico per il
diabete di tipo 2 è di tipo farmacologico, con somministrazione di farmaci
ipoglicemizzanti. Il farmaco d’elezione è la metformina, un
ipoglicemizzante appartenente alla famiglia delle biguanidi, categoria di
farmaci in grado di agire senza stimolare la produzione di insulina, sia
riducendo la formazione di glucosio da parte del fegato, sia aumentandone il
consumo da parte dei tessuti e stimolando la glicolisi.
mercoledì 29 aprile 2015
Uno studio appena pubblicato ha scoperto che le due malattie, singolarmente o associate, aumentano le probabilità che si presenti anche la terza
Depressione e diabete di tipo 2 sono stati associati a un aumentato
rischio di
demenza e si è
scoperto che il rischio è ancora maggiore tra gli individui che
presentano entrambi i disturbi rispetto alle persone che non hanno nessuna
delle due condizioni. Sono questi i risultati di uno studio pubblicato online sulla rivista JAMA Psychiatry, condondotto su un
campione complessivo di 2,4
milioni di cittadini danesi.
Diabete di tipo 2 e depressione maggiore sono malattie
comuninelle popolazioni occidentali e si calcola che ben il 20
per cento delle persone con diabete di tipo 2 possa anche considerarsi
depresso. Dimitry Davydow, della scuola di medicina dell'Università di
Washington, a Seattle, e altri autori hanno esaminato il rischio
di demenza tra
gli individui con depressione, diabete di tipo 2 o entrambi rispetto a
individui con nessuna delle due condizioni in un gruppo di più di 2,4 milioni
di danesi liberi da demenza di oltre 50 anni di età, dal 2007 fino al 2013.
Complessivamente, il 19,4 per cento degli individui nel gruppo ha avuto una diagnosi di depressione (477.133 individui), il 9,1 per cento aveva il diabete tipo 2 (223.174 individui), e il 3,9 per cento (95.691 persone) ha avuto una diagnosi di diabete di tipo 2 e di depressione. L'età media al momento della diagnosi iniziale di diabete era di 63 anni e l'età media al momento della diagnosi iniziale di depressione era di circa 58 anni.
Gli autori hanno scoperto che durante il periodo di studio, il 2,4 per cento degli individui (59.663 persone) ha sviluppato una forma di demenza, con un'età media alla diagnosi di quasi 81 anni. Tra questi, 15.729 persone (26,4 per cento) avevano avuto solo una diagnosi di depressione e 6.466 (10,8 per cento) avevano solo ildiabete di tipo 2, mentre 4.022 (6,7 per cento) hanno avutoentrambe le condizioni. Secondo gli autori, il diabete di tipo 2 da solo era associato al 20 per cento di aumento di rischio per la demenza, e la depressione da sola all'83 per cento di aumento di rischio. Ma per chi li presentava entrambi, il rischio di demenza risultava aumentato addirittura del 117 per cento. Un dettaglio interessante consiste nel fatto che il rischio di demenza sembrava essere ancora più grande tra le persone con meno di 65 anni.
"Alla luce del crescente onere sociale delle malattie croniche", concludono gli autori, "sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i meccanismi fisiopatologici che collegano la depressione e il diabete mellito di tipo 2 a esiti negativi come la demenza e occorre sviluppare interventi volti a prevenire queste temute complicazioni".
Complessivamente, il 19,4 per cento degli individui nel gruppo ha avuto una diagnosi di depressione (477.133 individui), il 9,1 per cento aveva il diabete tipo 2 (223.174 individui), e il 3,9 per cento (95.691 persone) ha avuto una diagnosi di diabete di tipo 2 e di depressione. L'età media al momento della diagnosi iniziale di diabete era di 63 anni e l'età media al momento della diagnosi iniziale di depressione era di circa 58 anni.
Gli autori hanno scoperto che durante il periodo di studio, il 2,4 per cento degli individui (59.663 persone) ha sviluppato una forma di demenza, con un'età media alla diagnosi di quasi 81 anni. Tra questi, 15.729 persone (26,4 per cento) avevano avuto solo una diagnosi di depressione e 6.466 (10,8 per cento) avevano solo ildiabete di tipo 2, mentre 4.022 (6,7 per cento) hanno avutoentrambe le condizioni. Secondo gli autori, il diabete di tipo 2 da solo era associato al 20 per cento di aumento di rischio per la demenza, e la depressione da sola all'83 per cento di aumento di rischio. Ma per chi li presentava entrambi, il rischio di demenza risultava aumentato addirittura del 117 per cento. Un dettaglio interessante consiste nel fatto che il rischio di demenza sembrava essere ancora più grande tra le persone con meno di 65 anni.
"Alla luce del crescente onere sociale delle malattie croniche", concludono gli autori, "sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i meccanismi fisiopatologici che collegano la depressione e il diabete mellito di tipo 2 a esiti negativi come la demenza e occorre sviluppare interventi volti a prevenire queste temute complicazioni".
domenica 26 aprile 2015
Diabete. Glucosio in eccesso, abbatterlo attraverso il rene Diabete. Glucosio in eccesso, abbatterlo attraverso il rene
Una novità importante, perché cambia il bersaglio nella lotta al diabete.
Arriva in Italia la prima terapia che agisce sui reni permettendo
l’eliminazione dello zucchero in eccesso e la riduzione della glicemia. Una
sola compressa orale determina una riduzione importante della glicemia con una
significativa perdita di peso e un abbassamento della pressione arteriosa. La
nuova molecola, dapagliflozin, è ora disponibile anche in Italia (già presente
in 49 Paesi nel mondo) ed è considerata la terapia pioniera di una nuova classe
di farmaci, i cosiddetti inibitori del co-trasportatore di sodio-glucosio 2
(SGLT2), una proteina responsabile del 90% del riassorbimento del glucosio da
parte dei reni. Sviluppata da AstraZeneca e studiata a partire da una sostanza
naturale che si trova nella corteccia degli alberi di mele (la florizina),
dapagliflozin permette una riduzione della glicemia indipendente dall’insulina
e con un basso rischio di ipoglicemie. Inoltre, porta ad una significativa
perdita di peso fino a 2-3 chilogrammi (soprattutto riduzione della massa
grassa) e ad un abbassamento della pressione arteriosa. La molecola rappresenta
così una soluzione innovativa contro il diabete: un’epidemia sociale con cui
oggi convivono 4 milioni di italiani e 387 milioni di persone nel mondo. Una
cifra che, a causa del diffondersi dell’obesità e della sedentarietà, rischia
di superare il mezzo miliardo di individui - tra diabetici e persone a rischio
- entro i prossimi 20 anni.
Il rene nel mirino. La nuova terapia sottolinea per la prima
volta il ruolo del rene, fino ad oggi sottovalutato, nel controllo glicemico e
nella gestione del diabete di tipo 2. “Pochi lo sanno, ma il rene ha un ruolo
importante nel controllo della glicemia in quanto riassorbe il glucosio che è
eliminato quotidianamente nelle urine. La nuova terapia - spiega Giorgio Sesti, Professore Ordinario di Medicina
Interna dell'Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro, Presidente
Eletto della Società Italiana di Diabetologia - sfrutta meccanismi fisiologici
per abbassare la capacità di riassorbimento del glucosio da parte del rene con
lo scopo di aumentare la perdita urinaria di glucosio. Infatti, Dapagliflozin
riduce il riassorbimento renale del glucosio dalle urine, apre, per così dire,
il ‘rubinetto-rene’ permettendo così all’organismo di liberarsi dal glucosio in
eccesso. È una novità terapeutica importante che, grazie al suo caratteristico
modo d’azione renale, non interferisce con le altre terapie anti-diabete,
compresa l’insulina, ma piuttosto si integra con esse nel trattamento di tutte
le fasi della malattia”.
La sfida al diabete. Ogni 60 minuti quasi 560 persone nel
mondo e 3 in Italia muoiono per cause riconducibili al diabete. Una malattia
che “amplifica” altri disturbi, tanto che il 55% dei diabetici italiani - come
emerge da un’indagine promossa da AstraZeneca e realizzata da Doxa Pharma -
soffre di ipertensione, l’11% ha affrontato un infarto o un ictus, il 25% si
sente depresso (rispetto ai non-diabetici che si fermano al 17%, all’1% e
all’11% rispettivamente). “Assicurare il controllo glicemico, ma anche
diminuire il rischio di ipoglicemie e contribuire a ridurre il peso corporeo e
la pressione arteriosa - commenta il professore Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia - sono
aspetti fondamentali che la nuova terapia Dapagliflozin può apportare nella
sfida al diabete di tipo 2: una malattia che aumenta il rischio di complicanze
anche gravi, oltre che di ricovero ospedaliero in generale. Basti pensare che
oggi circa il 30-35% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani ha il
diabete o presenta alterazioni della glicemia. La nuova molecola, attraverso
una monosomministrazione orale giornaliera, fa leva su un processo naturale che
favorisce l’eliminazione dello zucchero in eccesso attraverso le urine: può
costituire un notevole passo in avanti per il trattamento del diabete di tipo 2
sia nella fase precoce, sia in quella tardiva”.
Dall’albero alla terapia. Il meccanismo d’azione di Dapagliflozin
è stato sviluppato a partire dalla florizina, una sostanza naturale che si
trova nella corteccia degli alberi di mele e che se, assunta in dosi elevate,
provoca l’escrezione del glucosio nelle urine. “La nuova classe terapeutica
degli inibitori del co-trasportatore di sodio-glucosio di tipo 2, di cui
Dapagliflozin è il capostipite - dichiara Andrea Giaccari, Professore di Diabetologia Policlinico
Gemelli di Roma, Presidente Associazione Diabete Ricerca - permette di perdere
il glucosio con le urine non solo per glicemie molto alte, come normalmente avviene
in chi ha il diabete, ma anche in presenza di glicemie di poco elevate, senza
mai indurre ipoglicemia. Ovviamente con gli zuccheri si eliminano anche
calorie, e quindi peso. La nuova molecola è l’unica che agisce senza
interferire con altri meccanismi di controllo della glicemia, in particolare
con l’insulina, e ciò costituisce un grande vantaggio terapeutico nel diabete
di tipo 2: si favorisce infatti la combinazione con altri farmaci e la
personalizzazione della terapia sulla base del quadro clinico e dello stile di
vita della persona”. “L’arrivo in Italia di Dapagliflozin - commenta Pablo
Panella, Presidente di AstraZeneca Italia -
rappresenta un significativo passo avanti compiuto dalla ricerca scientifica di
AstraZeneca: un nuovo farmaco che arricchisce un portafoglio unico di terapie
innovative contro il diabete di tipo 2, una malattia che sta raggiungendo
proporzioni enormi in tutto il pianeta. Per questo motivo crediamo che oggi sia
sempre più necessario dichiarare guerra al diabete con tutte le frecce che
abbiamo a disposizione. Mi riferisco ovviamente ai nuovi trattamenti, ma anche
alle partnership di eccellenza, come quella recentemente annunciata tra
AstraZeneca e l’Harvard Stem Cell Institute, che si propone di applicare alle
nuove terapie una tecnica in grado di creare beta cellule pancreatiche umane
partendo dalle cellule staminali. Senza dimenticare quelle iniziative, come il
Progetto DRINN, che permettono di supportare i giovani ricercatori italiani”. (EUGENIA
SERMONTI)
mercoledì 22 aprile 2015
Dimagrire col diabete: la moda pericolosa della diabulimia
Un disturbo alimentare diagnosticato
per la prima volta nel 2009, che in America coinvolge il 40% delle giovani
donne affette da diabete di tipo 1 e si sta diffondendo in Italia
Katherine Marple è una scrittrice
americana. Quando aveva 14 anni le fu diagnosticato il diabete di tipo 1: una malattia cronica,
autoimmune, che la obbligava a iniettarsi periodicamente dosi di insulina. Lei
però non voleva, perché l’insulina la faceva ingrassare. Così svuotava le
siringhe nei cuscini del divano e, quando non poteva trattenersi dall’abbuffarsi
di gelato o biscotti, si procurava il vomito. Per essere sempre più magra, certo, ma anche perché controllare il suo peso le dava l’illusione di
tenere le redini di una parte della sua vita che in realtà le era sfuggita,
proprio a causa della malattia.
Katherine Marple è solo una delle
migliaia di persone al mondo affette da diabulimia. Un disturbo
alimentare che nasce dalla difficoltà di convivere con il diabete di tipo 1, in
genere diagnosticato prima dei 20 anni, e che cresce con il senso di inadeguatezza
che l’adolescenza si porta inevitabilmente dietro. Secondo la Diabulimia Helpline,
I primi a lanciare l’allarme sono
stati nel 2009 i medici britannici, che
hanno notato come un certo numero di pazienti diabetici non assumeva
correttamente le dosi di insulina prescritte.
Alla base del disturbo alimentare
c’è proprio il ruolo dell’insulina nell’assorbimento
degli zuccheri. La diagnosi di diabete, che comunque si porta dietro la
necessità di iniziare un regime alimentare controllato, è associata alla
prescrizione di un certo quantitativo di insulina in base al peso corporeo.
Questo ormone aiuta l’organismo ad assimilare correttamente il glucosio contenuto
negli alimenti: nei pazienti diabetici, solitamente molto magri a
causa della disfunzione, ciò si traduce generalmente in un aumento di peso.
Di qui la rinuncia volontaria alle
dosi di insulina per continuare a dimagrire. Un comportamento sbagliato del
quale i medici, fino a pochi anni fa, raramente si accorgevano se non per i
risultati:problemi al fegato, ai reni,
alla vista fino al decesso. Anche perché la malattia non si
esaurisce con la ridotta o mancata assunzione di insulina, ma spesso si combina
con altri disturbi del comportamento alimentare: dalle abbuffate alle privazioni prolungate di cibo, al vomito indotto,
fino a manie ossessivo-compulsive. Da
qui il termine diabulimia, crasi tra le parolediabete e bulimia.
Dalla diabulimia si guarisce? Sì, con il supporto di medici,
nutrizionisti, familiari e di strutture adeguate. In Italia il Ministero della
Salute, la Presidenza del Consiglio e la Regione Umbria hanno realizzato una mappatura dei centri che si occupano di disturbi del
comportamento alimentare. A Milano il Polo Universitario dell’Ospedale “Luigi Sacco” offre ai ragazzi affetti da
diabete di tipo 1 e alle loro famiglie un supporto terapeutico basato anche sul parental training, mentre a dicembre all’Università Tor Vergata di Roma è stata presentata la prima
tesi di Laurea italiana sulla diabulimia, a firma di Francesca Ionta per la
cattedra di Neurofisiopatologia del Professor Nicola Mercuri. Il primo passo,
dicono gli esperti ma soprattutto i pazienti che sono guariti, è imparare a
prendersi cura di se stessi.
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