venerdì 27 marzo 2015

Diabete di tipo 2, concentratevi sulla colazione

Uno stile alimentare che presti attenzione alla distribuzione delle calorie permette un miglior controllo glicemico. L'orologio biologico modifica le risposte dell'organismo

Fare una buona colazione è importante. E lo è ancora di più per i pazienti con diabete di tipo 2, perché consumare un pasto energetico al mattino e stare leggeri la sera è uno stile alimentare che favorisce un miglior controllo glicemico nel corso dell’intera giornata e può aiutare a ridurre i rischi di complicanze in questo tipo di diabete.

Lo dice uno studio randomizzato pubblicato su Diabetologia, condotto su 18 soggetti di età compresa tra i 30 e 70 anni, con diabete di tipo 2 diagnosticato da meno di 10 anni e dei quali soltanto alcuni, dieci di loro, in trattamento con metaformina. Ad ogni paziente è stata assegnata in modo casuale una dieta da seguire tra le due stabilite dai ricercatori: la prima prevedeva una colazione energetica e una cena leggera (dieta B) e la seconda una colazione leggera e una cena più calorica (dieta D). Il pranzo così come la quantità complessiva di calorie assunte nel corso della giornata erano gli stessi nei due programmi alimentari. 
Dopo aver seguito per una settimana la dieta assegnata, il settimo giorno ai volontari è stato effettuato un prelievo di sangue appena prima di colazione e regolarmente per altre sette volte fino alle tre ore dal pasto. Analoga serie di prelievi è stata eseguita dopo il pranzo e dopo la cena, per misurare il livello di glucosio, di insulina, di peptide C, proteina fondamentale per la produzione dell’insulina, e di  GPL-1, un ormone prodotto dall’intestino durante i pasti, in misura ridotta nei diabetici di tipo 2, e indicatore del rilascio di insulina. A due settimane di distanza, poi, il regime dietetico è stato scambiato (crossover) e tutti gli esami del sangue eseguiti nuovamente il settimo giorno.  

I risultati hanno mostrato che i soggetti che avevano seguito la dieta B avevano dopo il pranzo, che vale la pena ricordare era lo stesso in entrambi i regimi, una glicemia ridotta in misura variabile dal 21% al 25% e un livello di insulina superiore del 33% rispetto a chi aveva seguito la dieta D. Inoltre, la differenza di questi valori si manteneva anche dopo ogni pasto con una glicemia inferiore del 20% e livelli di insulina, peptide C e GPL-1 maggiori del 20%.In altre parole, l’effetto di una colazione energetica e di una cena leggera è stato quello diinfluenzare la tolleranza insulinica nel corso dell’intera giornata e ciò sembra essere indipendente dal tipo di terapia. 

Il diabete di tipo 2, chiamato anche diabete mellito non insulino dipendente, è il più diffuso nel mondo, con 400milioni di malati e 5 milioni decessi ogni anno. Si manifesta in età adulta anche se la sua presenza tra i giovani è in crescita per l’aumento dell’obesità infantile. È causata da un’insufficiente produzione o funzionamento dell’insulina, quando cioè il pancreas ne produce troppo poca o quando l’organismo non presenta una risposta adeguata all’insulina in circolo (insulino-resistenza). 

«Alla base della miglior tolleranza al glucosio dopo una colazione molto energetica piuttosto che dopo una cena di identico apporto calorico sembrano esserci anche i meccanismi legati all’orologio biologico che porta ad una maggior risposta mattutina delle cellule beta del pancreas che producono insulina e ad un maggior assorbimento del glucosio mediato dall’insulina da parte dei muscoli, oltre ad un ridotto catabolismo dell’insulina da parte del fegato» ha commentato la professoressa Daniela Jakubowicz del Wolfson Medical Center dell’Università di Tel Aviv in Israele, una delle autrici dello studio.  

«Così, raccomandare un carico di energia superiore a colazione, quando la risposta delle cellule beta e l’assorbimento mediato dall’insulina del glucosio nei muscoli sono ai loro livelli ottimali, sembra una strategia adeguata per ridurre i picchi di glicemia post prandiali nei pazienti con diabete di tipo 2». Uno studio su pochi soggetti che, tuttavia, porta evidenza ulteriore a sostengo del fatto che ad essere importante non è solo quello che mangiamo ma anche quando lo facciamo e che una corretta distribuzione del carico calorico  è «un fattore cruciale» nel controllo glicemico



martedì 24 marzo 2015

Poca vitamina D incide negativamente anche su diabete


Liivelli di vitamina D correlati con metabolismo del glucosio

La mancanza di sole e quindi di vitamina D sembra essere un fattore di rischio diretto per lo sviluppo del diabete più di quanto non lo sia l'obesità. E' quanto emerge da uno studio dell'Università di Malaga, in Spagna, che evidenzia anche come la mancanza di vitamina d porti più facilmente a sviluppare una situazione detta di "pre-diabete" (in cui cioè vi e' un alto livello di glucosio nel sangue che se non adeguatamente curato può portare nel giro di un decennio a sviluppare diabete di tipo 2) e alla cosiddetta sindrome metabolica, cioè una combinazione diabete, pressione alta e obesità.

Secondo gli studiosi, che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca sulla rivista Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, il livello di vitamina d sarebbe più strettamente collegato al metabolismo degli zuccheri nel sangue di quanto non lo sia l'obesità. Per arrivare a questa conclusione sono stati confrontati i biomarcatori di vitamina D in 148 partecipanti allo studio, a cui e' stato misurato l'indice di massa corporea (Bmi) e a cui sono stato effettuati test per il diabete. Dai risultati e' emerso che persone obese che non avevano disturbi del metabolismo del glucosio avevano più alti livelli di vitamina D rispetto ai diabetici, mentre persone magre con diabete o altri disturbi del metabolismo del glucosio risultavano avere più probabilità di avere bassi livelli di vitamina D.

Pertanto , i livelli di vitamina D sono stati direttamente correlati con il metabolismo del glucosio , ma non con il Bmi .

sabato 21 marzo 2015

Diabete, arriva il diffusore di insulina "intelligente" che previene l'ipoglicemia

L'infusore automatico sarà disponibile a giorni in Italia e consente di scongiurare le cosiddette crisi. Il sogno di un pancreas artificiale è più vicino. A giorni in Italia sarà disponibile un dispositivo "intelligente" in grado di prevedere le crisi ipoglicemiche e interrompere l'erogazione dell'insulina prima delle crisi. La novità, presentata al congresso "Diabete: l'era della tecnologia intelligente" di Roma, compie un passo decisivo verso la creazione del cosiddetto "pancreas artificiale" che consente ai pazienti diabetici di regolare i livelli del glucosio nel sangue.
Una nuova grande speranza - Il microinfusore unisce un monitoraggio continuo dei livelli del glucosio con una pompa che eroga l'insulina. A differenza dei dispositivi attuali, che bloccano l'infusione quando ormai la glicemia è troppo bassa, il diffusore "smart" ha un algoritmo che riesce a prevedere quando si rischia una crisi, e a far agire la pompa di conseguenza. "È un sistema molto promettente", ha spiegato Riccardo Schiaffini, diabetologo pediatra dell'ospedale Bambino Gesù di Roma. "Almeno il 50% dei pazienti con diabete di tipo 1 - ha aggiunto - ha una ipoglicemia notturna, e ogni paziente ha almeno una ipoglicemia grave a settimana". La patologia è diffusa soprattutto tra i soggetti più giovani.

Rimborsato dal Ssn - Il dispositivo, completamente rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, sarà destinato soprattutto ai pazienti con diabete di tipo 1, ma potranno usarlo anche quelli con diabete d tipo 2 che non riescono a tenere sotto controllo la glicemia. "Questo è un deciso passo avanti", ha confermato Emanuele Bosi, direttore del Diabetes Research Institute dell'ospedale San Raffaele di Milano. "Sono ormai dieci anni che si lavora al pancreas artificiale, e quello che una volta sembrava solo un sogno ormai è una realtà in vista. Nonostante gli enormi progressi degli ultimi decenni c'è ancora molto da fare, lo testimonia il fatto che il rischio di mortalità di un ragazzo diabetico è ancora doppio rispetto a quello di uno che non ha il diabete".

I dati sul diabete in Italia e nel mondo - Sono oltre 250 milioni in tutto il pianeta i pazienti che soffrono di diabete. Secondo i dati dell'Italian Barometer Diabetes Report 2014, entro il 2030 il diabete passerà dall'undicesima alla settima posizione tra le cause di decesso nel mondo e guadagnerà il quarto posto nei paesi industrializzati. Più di 3 milioni di italiani, il 4,9% della popolazione assistita dal Servizio Sanitario Nazionale, soffre di diabete. In Italia il diabete di tipo 1, quello che generalmente si manifesta in età giovanile, colpisce circa 250mila persone, e più di 25mila sono i pazienti pediatrici


mercoledì 18 marzo 2015

iHealth Align: diabete e tecnologia



iHealth Align è un dispositivo che consente di monitorare il tasso glicemico facilitando il compito per persone affette da diabete.



Il diabete è qualcosa che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo e che dalla tecnologia può attingere enormi risorse con cui migliorare il tenore di vita delle persone. Tutto sta nel rendere più semplice, continuo e democratico il meccanismo di monitoraggio, offrendo a tutti strumenti con i quali poter vivere una vita più normale. E quindi migliore. iHealth Align si inserisce in questo filone: un glucometro smart che grazie alla capacità di calcolo di uno smartphone è in grado di offrire un servizio di enorme utilità.
Tecnologia e diabete
Soltanto nelle ore scorse è arrivato sul mercato statunitense Afrezza, medicinale che tramite un apposito inalatore consente di evitare ai diabetici il fastidio di iniezioni con cui dover fare i conti in caso di difficoltà. Nello stesso tempo iHealth propone invece un dispositivo di auto-monitoraggio per molti versi complementare a quella che è la terapia proposta dalla statunitense MannKind: iHealth Align «permette al paziente di diventare parte attiva nel proprio trattamento, facilitando il monitoraggio dei propri obiettivi glicemici».
Una piccola estensione dello smartphone fa da sensore: contiene quanto necessario per la misurazione del livello glicemico, porta il dato sulla memoria dello smartphone e qui viene gestita secondo le modalità desiderate. iHealth è chiara nella propria presentazione: «Non c’è più bisogno di tenere un diario di monitoraggio, le misurazioni vengono automaticamente registrate nell’applicazione. È possibile consultare in ogni momento i propri dati sotto forma di grafici e conservare una cronologia per valutare l’evoluzione delle proprie misurazioni all’interno di un determinato lasso temporale. Ogni confezione di strisce reattive ha un codice QR che, una volta scansionato tramite l’applicazione, permette la calibrazione delle strisce reattive, oltre al monitoraggio del quantitativo restante e della data di scadenza». Una volta raccolti i dati, possono essere quindi consultati, archiviati, condivisi o visualizzati in ogni momento.
Il dispositivo è disponibile in farmacia al prezzo di 19.90 euro ed è completato dall’applicazione gratuita iHealth Gluco-Smart che si può scaricare da App Store e Google Play. Il premio per l’innovazione ottenuto al CES 2015 è garanzia della bontà dell’idea.
Ogni idea e ogni device sono però soltanto tasselli di un quadro ben più ampio e importante. Ogni nuovo strumento o applicazione, infatti, non fa altro che ricordare quanto l’innovazione possa fare per la salute, per il benessere e per il miglioramento della vita di persone affette da variegate patologie. Il diabete è forse uno dei nomi più gettonati nel comparto, poiché rappresenta un bacino estremamente ampio (quindi un mercato fiorente) e perché la semplificazione offerta dalla tecnologia molto può per migliorare in modo sostanziale il tenore di vita del diabetico.

Tanto Afrezza quanto iHealth sono pertanto elementi propri di uno stesso principio: un diabetico può vivere una vita pressoché normale se la tecnologia sarà in grado di sviluppare nuove idee partendo dai bisogni primari che benessere e salute impongono.

lunedì 16 marzo 2015

Gravidanza e diabete: l'importante è arrivare preparate

Affrontare una gravidanza se si soffre di diabete non è assolutamente impossibile, basta arrivare preparate e mettere in conto una visita ogni due settimane.  


Negli ultimi tempi l'età della comparsa del diabete di tipo 2 si è abbassata ai 35-40 anni.

Diabete e gravidanza non sono assolutamente due realtà incompatibili. Anzi, se tenuti sotto controllo, possono andare a braccetto senza darsi (troppo) fastidio. L'importante, come sempre, è arrivare preparate. Dopo aver fatto il punto suldiabete gestazionale con la dottoressa Marina Scavini, e sull'importanza dellaprevenzione con la collega Maria Teresa Castiglioni, approfondiamo ancora di più la questione con la dottoressa Nicoletta Dozio, specialista in diabetologia e medicina interna, consulente al San Raffaele, che dal 1988 segue donne diabetiche che decidono di mettere al mondo un figlio. "Con grande soddisfazione - ci tiene a precisare - dal momento che è sorprendente la consapevolezza e la capacità delle donne quando diventano competenti in materia e riescono a trasmettere buone abitudini alimentari e di vita a tutta la famiglia".

Scendendo nei dettagli, è importante fare la prima distinzione: "Le donne con diabete di tipo 1 sono già seguite (o dovrebbero esserlo) da uno specialista, quindi è più facile che attuino tutti quei comportamenti volti alla riduzione dei rischi e al mantenimento  di buone glicemie durante la gravidanza". Va detto che, a fronte di un (troppo esiguo) 50% di popolazione femminile diabetica che mette in agenda unaconsulenza pre-concezionale, la strada verso la consapevolezza (di donne e diabetologi) è ancora lunga. Ma le cose si complicano davvero quando si parla delle donne con diabete di tipo 2, metabolico e non autoimmune, che sopraggiunge con l'età o in situazioni di sovrappeso e, molto spesso, senza che la diretta interessata se ne accorga e che quindi sia seguita da un diabetologo che le possa dare informazioni relative ad una possibile gravidanza. "Abbiamo notato - spiega la dottoressa Dozio - che negli ultimi tempi l'età della comparsa del diabete di tipo 2 si è abbassata ai 35-40 anni: se si somma questo al fatto che le donne fanno figli ad età sempre più avanzata, si capisce come la situazione rischi di complicarsi". E di come il concetto di uomo (in questo caso donna) avvisato significhi mezzo salvato. Il primo consiglio alle donne diabetiche (ma anche a quelle che per storia famigliare, età, o condizioni fisiche potrebbero diventarlo) è fissare una consulenza pre-concezionale quando l'idea di un figlio fa capolino nella vita di coppia.


Quanto è importante una visita preconcezionale?

Secondo me, nella libertà e consapevolezza di ogni donna, la gravidanza andrebbe in qualche modo programmata, indipendentemente dalla presenza di malattie. Tuttavia quando è presente il diabete è fondamentale arrivare preparate al concepimento, in condizioni metaboliche ottimali, con glicemie molto buone e minimizzando i rischi di ipoglicemie. Quando la gravidanza inizia ci sono così tante variazioni nell’organismo che partire da una situazione già controllata rende tutto molto più semplice e la gestazione più serena. Inoltre è importante che le donne con diabete di tipo 2, che assumono farmaci per controllare le glicemie, sappiano che questi farmaci sono controindicati al concepimento e durante la gravidanza. Per questo motivo viene iniziata la terapia insulinica prima del concepimento. Si tratta di iniezioni sottocutanee, relativamente semplici da fare ma, non dovere affrontare questi cambiamenti di fretta all’inizio di una gravidanza non programmata, dà molta tranquillità alle donne, alle loro famiglie e agli operatori sanitari.

Una donna con il diabete di tipo 1 vuole un figlio: che cosa deve aspettarsi dal diabetologo?

Nella visita preconcezionale si discute dei rischi specifici per ogni donna, si valuta nel suo complesso la situazione del diabete, lo stato di eventuali complicanze, si discutono i rischi di eventuali malformazioni e diabete nei figli. Il medico spiega perché è importante avere glicemie ottimali prima del concepimento e durante tutta la gravidanza, con valori che sono più bassi rispetto a quelli che definiscono il buon controllo al di fuori della gravidanza: avere un valore di emoglobina glicatail più vicino possibile ai livelli di normalità, minimizzando la frequenza di ipoglicemie consente di ridurre il rischio di malformazioni che altrimenti è circa3-4 volte superiore nelle rispetto alle donne senza il diabete. Inoltre, viene prescritto acido folico prima dell’inizio della gravidanza in dose adeguata. Si valuta l'interferenza con l'assunzione di farmaci non adatti alla gravidanza e si cerca di ottimizzare la terapia. Si valuta se ci sono altri problemi medici, e la funzionalità della tiroide. Si valuta la storia e la situazione ginecologica idealmente, come avviene nel nostro ospedale, insieme all’equipe ginecologica. Infine, si chiarisce che i controlli - per tutto il periodo della gravidanza - saranno molto frequenti, ogni due settimane almeno.
Mettiamo il caso di una donna over 35 anni, sovrappeso con una nonna diabetica, che vuole una gravidanza: perché dovrebbe fissare una visita dal diabetologo?  

La persona descritta è a rischio di sviluppare diabete e dovrebbe chiedere al suo medico di effettuare degli esami per escludere di avere già un diabete di tipo 2. Se si conferma la diagnosi di diabete di tipo 2 vale il discorso fatto prima per il diabete di tipo 1 e la donna dovrebbe chiedere una consulenza preconcezionale, per ottimizzare il controllo metabolico, rivedere altre eventuali terapie farmacologiche, iniziare un regime alimentare equilibrato e magari perdere un po’ di peso. Sottolineo che l’obesità di per sé conferisce dei rischi alla gravidanza e che le donne con obesità, con un BMI superiore a 30 (body mass index = indice di massa corporea che si calcola come peso in Kg/altezza in m al quadrato) dovrebbero discutere di questo con il medico e con il ginecologo, anche in assenza di diabete.


Ipotizziamo il peggiore degli scenari: una donna, fumatrice, con diabete di tipo 2 che scopre di aspettare un bambino: che cosa succede e che cosa deve fare? 

Deve rivolgersi tempestivamente ad un centro competente, che abbia esperienza e che tratti donne con diabete durante la gravidanza. Non parliamo di grossi numeri, le donne con diabete di tipo 1 e 2 rappresentano lo 0.4% delle gravidanze, perciò è importante essere seguite in centri che ne vedano un certo numero. Occorre valutare la situazione metabolica, le complicanze, effettuare una visita oculistica, sospendere eventuali farmaci, smettere di fumare ed iniziare la terapia insulinica e verificare come procede la gravidanza, nel più breve tempo possibile per potere avere una situazione metabolica controllata da subito, ovvero già nel primo trimestre di gravidanza, periodo in cui avviene la formazione degli organi del bambino. Per questo è un grande vantaggio essere viste prima della gravidanza: si può fare tutto questo senza troppe ansie.


Infine dopo la gravidanza: che cosa succede al diabete?


Il diabete resta se c’era prima della gravidanza, ci si può rilassare un po’ con i controlli, e ci fa piacere che sempre più donne decidano di avere più di un figlio, quindi l’esperienza del diabete e della gravidanza non deve essere così traumatizzante. Sappiamo che esiste una "memoria metabolica" e si ritiene che qualsiasi periodo di buon controllo della glicemia abbia un effetto benefico anche nel futuro della paziente. Pensiamo che gli sforzi che le donne fanno durante la gravidanza possano stimolarle a mantenere un buon controllo della glicemia negli anni a venire. Tutti i medici che si occupano di diabete e gravidanza ricordano pazienti che dicono che il periodo di controllo metabolico migliore è stato durante la gravidanza. Un altro elemento importante visto che parliamo di programmazione della gravidanza è di pensare alla contraccezione e di parlarne con il proprio ginecologo. È importante che le donne con diabete sappiano che ci sono molte possibilità per una contraccezione efficace anche per loro.

venerdì 13 marzo 2015

Glicemia alta: la dieta da seguire e cosa mangiare




Quello della glicemia alta è un problema che va affrontato in maniera molto attenta, poiché valori eccessivi di zuccheri nel sangue possono comportare conseguenze molto serie, come l’insorgenza di gravi malattie come il diabete. Ma quale sarà dunque la dieta da seguire per chi scopre di avere la glicemia eccessivamente alta? In primo luogo, il soggetto dovrà assolutamente evitare di mangiare in maniera sconsiderata, e dovrà invece porre molta attenzione nei confronti di ciò che mangia. Proprio grazie all’alimentazione potrete infatti riequilibrare i livelli di glicemia nel sangue, scongiurando il rischio di eventuali complicazioni.
Inoltre, sarà importante che il soggetto dia un taglio alla sedentarietà, e che si mantenga in movimento svolgendo quindi della regolare attività fisica.
Fermo restando che una corretta alimentazione non può sostituirsi alla terapia farmacologica eventualmente prescritta dal medico, una persona che presenta i valori della glicemia alti potrà comunque agire evitando i cibi come il pane bianco, il miele, la frutta secca (che andrà assunta saltuariamente), le patate al forno e fritte, i cracker, i cornflakes, il riso arborio, e lo zucchero.
Dovranno essere assunti con moderazione alimenti come banane, uva e carote, mentre il semaforo è verde per alimenti come prugne, yogurt, latte magro, piselli, latte di soia, salmone, legumi, cereali integrali, verdure e così via. Fate attenzione ai succhi di frutta confezionati, poiché molto spesso sono ricchi di zuccheri aggiunti. In generale, evitate dunque di assumere quegli alimenti che presentano l’aggiunta di zucchero.

Il soggetto dovrà evitare i cibi ad alto contenuto di carboidrati e grassi, e scegliere quelli che scatenano una bassa risposta insulinica, preferendo alimenti come frutta e verdura, cereali e carboidrati complessi ad alto contenuto di fibre.



http://scienzaesalute.blogosfere.it/post/532248/glicemia-alta-la-dieta-da-seguire-e-cosa-mangiare

martedì 10 marzo 2015

Diabete di tipo 2, capacità cognitive a rischio?


Esiste un legame fra diabete di tipo 2 e declino delle capacità cognitive nei pazienti. Ecco cosa suggerisce un nuovo studio.
Diabete di tipo 2 e minori capacità cognitive sono in qualche modo collegate, secondo quanto emerge da un nuovo studio condotto dai membri dell'Università di Waterloo, secondo cui a risultare alterati potrebbero essere nello specifico le funzioni esecutive come i comportamenti istintivi e quelli riflessivi. Quella da poco pubblicata su Psychosomatic Medicine rappresenterebbe la prima analisi statistica completa, basata su precedenti studi, volta ad esaminare il legame che intercorre fra diabete di tipo 2 e la riduzione di alcune abilità cognitive.
Questo aspetto della funzione del cervello
spiegano gli autori dello studio
è significativo soprattutto perché facciamo affidamento su di esso quando cerchiamo di comportarci in un modo che è in contrasto con le nostre inclinazioni naturali o con ciò che l'ambiente ci impone di fare.
Per analizzare meglio la questione, gli esperti avrebbero esaminato 60 studi, mettendo a confronto un campione di 9815 persone con diabete di tipo 2 e un altro campione di 69.254 soggetti di controllo, senza la malattia. I partecipanti con diabete di tipo 2 erano stati invitati a verificare regolermente i livelli di zucchero nel sangue ed a monitorare quotidianamente le scelte alimentari e gli orari dell'assunzione dei farmaci.
Dallo studio sarebbe tuttavia emerso che molti individui con diabete di tipo 2 avrebbero avuto dei problemi nella gestione della malattia. E propri tali problemi sono indubbiamente spesso fonte di preoccupazione per i familiari, i medici e anche per gli stessi pazienti.
Il problema è il fatto che la gestione efficace del diabete si basa in maniera significativa sulla funzione esecutiva.
spiegano gli esperti,
Essenzialmente le persone con diabete di tipo 2 vengono colpite dal doppio smacco di avere un maggiore bisogno di controllo esecutivo, ma - forse per effetto della malattia sul cervello – minori risorse per esercitare tale controllo.
Di recente la ricerca ha comunque illustrato come l'attività fisica o attività cognitivamente stimolanti per il cervello (come imparare cose nuove, risolvere enigmi difficili e altre attività di problem solving) possano offrire degli effetti benefici per migliorare la funzione esecutiva nelle persone affette da diabete di tipo 2.



giovedì 5 marzo 2015

L'insulina intelligente che si attiva al bisogno


Il farmaco "smart" entra nella circolazione sanguigna e funziona solo in caso di necessità: potrebbe rivoluzionare in meglio la vita di chi è affetto da diabete giovanile.

La routine giornaliera dei pazienti con diabete di tipo 1.|B. BOISSONNET/BSIP/CORBIS
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Regolare la glicemia nel sangue con una singola dose di insulina, capace di attivarsi all'occorrenza e rimanere in circolo per 24 ore. Un nuovo farmaco che potrebbe migliorare la vita di molte persone affette da diabete è allo studio di alcuni ricercatori dell'Università dello Utah e sta dando risultati promettenti su modelli animali. Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the National Academies of Science.

AL MOMENTO GIUSTO. Appena iniettata, l'insulina Ins-PBA-F (questo il suo nome scientifico) si lega a una proteina del sangue, l'albumina, e rimane in circolo come "scorta" finché il raggiungimento di una certa soglia di zuccheri nel sangue non la rende funzionante. In futuro potrebbe prevenire i problemi legati al non corretto dosaggio dell'ormone in pazienti costretti a iniettarsi più volte al giorno insulina per sopravvivere.

LUNGA DURATA. Il nuovo composto è stato testato su alcuni topi affetti da diabete di tipo 1. Una singola dose si è rivelata efficace nell'abbassare più volte il livello di glicemia nel sangue dopo che alle cavie erano state somministrate più dosi di zuccheri, equivalenti a quelle che avrebbero consumato in un normale pasto. Dopo l'iniezione, i livelli di glucosio sono rimasti stabili nei topi malati per almeno 14 ore, in modo analogo a quanto osservato nei topi non diabetici.

LA MALATTIA. Il diabete di tipo 1 o diabete giovanile è una patologia cronica e autoimmune che interessa, in Italia, circa 300 mila persone. L'organismo di chi ne soffre distrugge le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina, un ormone necessario per la regolazione dei livelli di glucosio nel sangue. Senza insulina, la glicemia nel sangue fluttua in continuazione: i pazienti sono costretti a misurarla e a iniettarsi insulina più volte al giorno.

TROPPI O TROPPO POCHI. Attività fisica e alimentazione incidono fortemente sulla glicemia registrata: un dosaggio eccessivo di insulina può causare ipoglicemia, un livello troppo basso di zuccheri nel sangue (che può portare al coma); un dosaggio troppo basso può far salire in modo preoccupante gli zuccheri nel sangue (iperglicemia) con effetti collaterali pericolosi (problemi alla vista, problemi cardiaci).

DAI TOPI ALL'UOMO. I test preliminari si sono rivelati un successo, ma occorreranno dai due ai cinque anni prima che il farmaco venga sperimentato sull'uomo. Se anche la sperimentazione umana andasse a buon fine, in futuro potrebbe bastare una singola dose giornaliera - o addirittura settimanale - per raggiungere il perfetto controllo della glicemia.