La definizione clinica di diabete indica un
gruppo di malattie metaboliche caratterizzata da alti livelli di glucosio nel
sangue, cioè da valori fuori dalla norma della glicemia.
Il glucosio fornisce energia alle
cellule del corpo che però ne impediscono l’ingresso se non vengono attivate da
un meccanismo ormonale. I livelli di glucosio circolante sono regolati
dall’insulina, un ormone peptidico prodotto dalle cellule beta delle isole di
Langherans, nel pancreas. L’insulina, quando ne è stimolata la produzione,
attiva i recettori cellulari che permettono l’ingresso del glucosio nelle
cellule. In assenza di insulina tutte le cellule del corpo, ad eccezione di
quelle del fegato e del cervello, restano impermeabili al glucosio.
Per consentire il miglior
assorbimento del glucosio, la produzione di insulina non è costante ma aumenta
subito dopo i pasti – picco insulinemico post-prandiale – e diminuisce dopo 2
-3 ore dal pasto, quando l’organismo è in riposo (basale). La produzione di
glucosio è tanto maggiore quanto più alto è il contenuto in grassi, zuccheri e
carboidrati assunti con la dieta, mentre l’assorbimento è rallentato dalla
presenza di fibra alimentare, presente nella maggior parte di alimenti di
orgine vegetale.
Quando l’organismo non produce
insulina si parla di diabete di tipo1 o
insulino-dipendente, una patologia cronica che costringe chi ne è affetto ad
assumere insulina esogena tramite iniezioni quotidiane. Quando la produzione di
insulina è irregolare e insufficiente si parla di diabete di tipo 2.
Gli endocrinologi calcolano che
nel mondo ci siano 382 milioni di persone affette da diabete, per il 10% di
tipo 1 mentre il restante 90% di tipo 2.
Esiste una spiccata correlazione
tra obesità e diabete perché, con una prolungata
sovra-alimentazione, la produzione di insulina si mantiene a livelli
costantemente elevati, portando a una condizione metabolica diiperinsulinismo.
L’iperinsulinismo, nel tempo, fa si che le cellule dell’organismo perdano
gradualmente la loro sensibilità all’insulina e diventino insulino-resistenti,
il che porta ad un aumento permanente dei livelli di glucosio nel sangue.
Per questo motivo il diabete è
una malattia in aumento nei paesi occidentali [1].
Quali
sono i sintomi che possono farci pensare al diabete?
Il diabete è una patologia
caratterizzato da una sintomalogia non dolorosa e non invalidante che, a prima
vista e soprattutto nel diabete di tipo 2, può sembrare innocua. Per questo
viene spesso trascurata.
Se sono presenti alcuni di questi
sintomi, vale la pena di rivolgersi al proprio medico. Un semplice test della
glicemia, che deve essere inferiore 126 mg/dl, toglierà ogni sospetto. Anche il
test dell’intolleranza al glucosio può diagnosticare il diabete, in questo caso
i valori devono essere superiori ai 200 mg/dl mentre valori > 140 < 200
evidenziano una condizione di ridotta tolleranza al glucosio o IGT.
E’ bene rivolgeris al proprio
medico in presenza di:
Poliuria: cioè minzione frequente in assenza di assunzione di liquidi. La poliuria
viene diagnosticata quando la produzione giornaliera di urina supera i 2 litri.
Quando c’è troppo glucosio circolante si urina più spesso. Se l’insulina è
inefficace, o non c’è affatto, i reni non possono filtrare il glucosio ed
assorbiranno più acqua dal sangue, al fine di diluirlo. L’acqua, a sua volta,
riempirà più spesso la vescica.
Polidipsia: aumento della sensazione di sete dovuta alla
necessità di reintegrare i liquidi persi.
Astenia: se il glucosio non viene assorbito a livello cellulare, il nostro
organismo riceve meno energia di quanta ne serva, per questo motivo ci si
stanca facilmente.
Perdita di peso: è il sintomo tipico del diabete di tipo 1. Poichè
il glucosio nelle cellule è insufficiente, l’organismo è costretto a cercare
altre fonti di energia, trovandola negli accumuli presenti nei tessuti grassi e
nel tessuto muscolare.
Senso di fame: per lo stesso motivo, la mancanza di glucosio
cellulare, l’appetito può essere continuamente stimolato e portare, chi soffre
di diabete, a mangiare oltre il normale.
Questi sintomi sono tipici del
diabete in fase iniziale, altri e più gravi si presentano in caso di decorso
avanzato della malattia come visione offuscata, retinopatie e nefropatie [2].
Come
si manifesta il diabete in gravidanza?
Anche se essere diabetiche può
può rendere più complicata la gravidanza, nella maggior parte dei casi ne
soffre può portarla tranquillamente a termine e partorire un figlio sano,
soprattutto se ha avuto l’accortezza di preprararsi prima e mantenersi sempre
sotto controllo.
Questo è particolarmente vero nel
caso di diabete di tipo 1 che comporta rischi più gravi.
Le possibili complicanze
potrebbero portare la donna ad avere disturbi come nefropatie e
retinopatie, mentre il feto potrebbe non superare il parto o nascere affetto da
patologie molto invalidanti. Per questo, chi è affetto da diabete di tipo 1
deve assicurarsi prima che il diabete sia del tutto sotto controllo e durante
la gravidanza lo stesso, sottoponendosi a tutti i controlli del caso.
Sia prima che durante la
gravidanza può essere utile effettuare quotidianamente il test
dell’emoglobina glicata, un autotest conosciuto come “il test della puntura sul
dito”. Se i valori sono superiori al 6,5% è bene aspettare che scendano nel
range prima di provare ad avere un bambino; se fossero vicini al 10% aspettare
diventa un obbligo.
Anche chi non è malata di diabete
deve prestare attenzione ai livelli glicemici perché durante la gravidanza,
soprattutto dopo i primi 3 tre mesi, alcune donne sviluppano una particolare
forma di diabete, conosciuta come diabete gestazionale. Si verifica perché l’organismo non
riesce a produrre la maggior quantità di insulina dovuta alle aumentate
richieste della gravidanza. Questa forma di diabete sparisce dopo il parto, ma
può essere un campanello d’allarme perché le donne che hanno sviluppato il
diabete gestazionale sono più a rischio di sviluppare il diabete tipo 2 [3].
E
per il diabete di tipo 2?
Se i meccanismi che portano alla
presenza di diabete di tipo 2 sono ben conosciuti e spiegati, non si può dire
altrettanto per quanto concerne le cause.
Per quanto meno invalidante e
peridoloso del diabete di tipo1, i sintomi non vanno sottovalutati perché una
diagnosi precoce permette di ottenere risultati migliori e rendere meno
complicato il decorso della malattia, anche se sono rari i casi di remissione
completa.
Al contrario, sottovalutarlo può
portare a complicanze, anche importanti, soprattutto a carico dell’apparato
cardiovascolare e di quello renale. Recentemente sono state formulate ipotesi,
frutto di studi scientifici, di una correlazione con la malattia di Alzheimer,
con un rischio tanto più alto quanto più alto è il disordine del controllo dei
livelli di zucchero nel sangue.
I due fattori principali per la
prevenzione e la cura del diabete di tipo 2 sono l’attività fisica e la dieta.
Una dieta quanto più possibile
povera zuccheri, sia provenienti da cibi che ne sono ricchi sia dall’alcol, e
ricca di vegetali, frutta e cereali, unita a una costante attività fisica sono
necessari. L’attività fisica, sempre di tipo aerobico, va quantificata in 30
minuti quotidiani, basta camminare o fare ginnastica, anche in casa propria
[4].
Il trattamento medico per il
diabete di tipo 2 è di tipo farmacologico, con somministrazione di farmaci
ipoglicemizzanti. Il farmaco d’elezione è la metformina, un
ipoglicemizzante appartenente alla famiglia delle biguanidi, categoria di
farmaci in grado di agire senza stimolare la produzione di insulina, sia
riducendo la formazione di glucosio da parte del fegato, sia aumentandone il
consumo da parte dei tessuti e stimolando la glicolisi.
Nessun commento:
Posta un commento