mercoledì 26 novembre 2014

AVVISO PER TUTTI GLI ASSOCIATI E NON

Venerdì 5 dicembre 2014 presso la Farmacia D.ssa Danile in Via Vittorio Veneto  a Cerignola si terrà la periodica giornata gratuita di prevenzione alla malattia del diabete, ultima programmata in quest’anno, con l’effettuazione di esame glicemico, misurazione pressoria, ecc.  con l’intervento di specialisti del settore. I dottori saranno a disposizione per rispondere a  tutte le domande che verranno poste. Intervenite numerosi.  Conoscere è sempre meglio di non conoscere.

martedì 25 novembre 2014

Un test della saliva può prevenire cancro e diabete?


Una ricerca dell'Università di Los Angeles ha dimostrato che all'interno della saliva ci sono degli indicatori che possono aiutare nella diagnosi precoce di diverse malattie mortali


Potrebbe essere il santo graal della medicina, dice il Daily Mail: un semplice test della saliva potrebbe aiutare nella diagnosi precoce di malattie come cancro, diabete di tipo 2, Alzheimer e malattie autoimmuni.
Uno studio realizzato dal dottor David Wong dell'Università di Los Angeles ha svelato che la saliva contiene molte delle molecole che, quando si trovano nel plasma, sono rivelatrici della presenza di malattie.
"Se non si analizza la saliva, si rischia di perdere importanti indicatori di una malattia - ha detto il dottor Wong - Erano nascosti nella saliva, cosa che ha sorpreso molti".

Gli studi hanno dimostrato che alcune molecole di RNA che si trova all'interno delle cellule sono presenti anche nella salive e possono essere utilizzati per rilevare malattia.

lunedì 24 novembre 2014

Il piccolo-grande dono concesso all’Associazione diabetici Maria SS: di Ripalta-Onlus: l’Orto Urbano


Il progetto degli “Orti Urbani” realizzato in collaborazione dalla città di Cerignola, dall’ I.I.S.S. “G.Pavoncelli” e dalla Provincia di Foggia per mettere in risalto l’importanza di attingere a prodotti “made in sud”, è stato inaugurato il 15 novembre presso l’istituto agrario G. Pavoncelli. Tra i molti enti che hanno potuto usufruire della donazione di un ager agricolo, emerge quello dell’Associazione diabetici Maria SS. di Ripalta – Onlus, associazione presieduta dal Sig. Vincenzo Tampone. 
Occorre sottolineare  l’importanza che riveste per un diabetico  una dieta genuina ed equilibrata, come quella mediterranea che attinge soprattutto alle verdure e agli ortaggi. Un’alimentazione sana, infatti, oltre a migliorare il valore dell’emoglobina glicosilata, riduce inoltre, l’insorgenza delle complicanze associate alla patologia diabetica.    In qualità di associata non posso far altro che esprimere il mio senso di gratitudine per il piccolo-grande “dono” che è stato concesso a noi pazienti diabetici.



 Sabina Digiovanni

sabato 22 novembre 2014

Relazione pericolosa diabete-udito

“Raddoppia il rischio di ipoacusia” 

Ormai le cifre sono da ‘epidemia’: il numero di italiani che convive con il diabete ha raggiunto i 4 milioni. E per tutti questi un rischio doppio di sviluppare un disturbo dell’udito. Il diabete, quindi, va ‘ascoltato’: c’è infatti una relazione pericolosa’, troppo spesso sottovalutata, tra diabete e ipoacusia. La mette in luce il Consensus Paper “Diabete e Udito”, promosso da Amplifon e presentato oggi a Milano in una conferenza stampa cui hanno partecipato anche importanti diabetologi. Si calcola, infatti, che il 45% dei diabetici, quasi 1 su 2, abbia una perdita uditiva, contro il 20% dei non diabetici. Gli esperti richiamano l’attenzione su questa relazione, che può essere fortemente invalidante e che mette insieme due emergenze sociali e globali in forte crescita: si stima che entro il 2035 ci saranno oltre 592 milioni di diabetici nel mondo, con una crescita del 55%, mentre le persone con un disturbo dell’udito raddoppieranno entro il 2050, superando il miliardo.
Un legame ignorato. Dalla cecità all’insufficienza renale, dalla neuropatia alle malattie cardiache: molte sono le complicanze associate alla patologia diabetica. Tuttavia, nonostante numerosi studi scientifici abbiano fornito convincenti evidenze a supporto, ancora oggi l’ipoacusia non è considerata tra le complicanze “ufficiali” del diabete e spesso non viene diagnosticata o, peggio, viene sottovalutata e non curata adeguatamente. “Gli studi hanno dimostrato che il diabete raddoppia il rischio di andare incontro a una perdita uditiva, un disturbo con cui convivono 590 milioni di persone nel mondo, oltre 7 milioni in Italia. Il 65% dell’ipoacusia che si riscontra nei diabetici - spiega Nicola Quaranta, Professore di Otorinolaringoiatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari - riguarda le frequenze acute, mentre nel 26% dei casi sono interessate le frequenze medio-gravi. Si tratta di dati significativi, perché indicano che 2 diabetici su 3 hanno una perdita uditiva e che in almeno 1 caso su 4 si rende necessario l’utilizzo di apparecchi acustici. È quindi importante intervenire in modo tempestivo sui due fronti: nei pazienti diabetici con test audiometrici di routine, nelle persone con un disturbo dell’udito con controlli dei livelli della glicemia”. “Il diabete è una patologia cronica – commenta il professor Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia – e i pazienti devono convivere con questa malattia 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana per 365 giorni all’anno. Indubbiamente, si tratta di un ‘peso quotidiano’ a causa delle restrizioni, delle regole e delle scadenze imposte dalla terapia e dalle modifiche dello stile di vita. Se poi si aggiunge un deficit dell’udito più o meno grave, spesso non considerato tra le complicanze del diabete e quindi non diagnosticato, si assiste a un ulteriore peggioramento delle condizioni dei pazienti. Ben venga, dunque, un Consensus Paper che permette di aumentare la consapevolezza del legame tra diabete e ipoacusia, favorendo la diagnosi precoce di un eventuale disturbo dell’udito e agli audiologi di dar vita a strategie terapeutiche più adatte ai diabetici nella scelta e nel fitting degli apparecchi acustici, considerando ad esempio la loro maggiore sensibilità al trauma acustico o la loro predisposizione a manifestazioni e infezioni cutanee”.
Un impatto al quadrato. Il diabete e l’ipoacusia determinano, già singolarmente, un forte impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, ma la loro associazione può addirittura moltiplicare la portata invalidante che i due disturbi hanno nella quotidianità, nelle relazioni sociali e sul lavoro. “Non solo complicanze a carico dei nervi, degli occhi e dell’apparato cardiovascolare: l’impatto del diabete - chiarisceFrancesco Giorgino, Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - è notevole e comporta anche la necessità di dover seguire una terapia cronica, con frequenti iniezioni di insulina, e di effettuare periodici controlli medici. Anche i disturbi dell’udito si associano a situazioni che tendono a peggiorare la qualità di vita, come ad esempio la ridotta partecipazione alla vita sociale, il rischio di deficit cognitivo, la depressione e i traumi. È quindi evidente che, quando alle complicanze del diabete si aggiungono anche le problematiche derivanti dall’ipoacusia, la persona può subire un netto peggioramento della propria qualità di vita con maggior rischio di traumi o cadute al suolo, di isolamento sociale, di peggioramento delle funzioni cognitive”.
Possibili cause. I meccanismi attraverso cui il diabete si associa all’ipoacusia non sono ancora ben conosciuti, ma gli esperti hanno recentemente messo in luce l’effetto che la malattia ha sulla coclea (una porzione dell’orecchio interno). Il diabete, infatti, provoca l’ispessimento delle pareti dei vasi sanguigni - con un ingrossamento medio di circa 3 micrometri - e danneggia così la coclea, che diventa incapace di convertire i suoni percepiti in impulsi nervosi. Una seconda ipotesi, invece, mette in evidenza come il diabete possa agire direttamente sui nervi, alterando la trasmissione dell’impulso a livello del nervo acustico e delle vie uditive centrali. Gli esperti hanno anche identificato alcuni fattori di rischio che nelle persone diabetiche favoriscono lo sviluppo di un deficit dell’udito. Ad esempio, livelli di colesterolo HDL inferiori a 40 mg/dL aumentano di 2,20 volte il rischio di sviluppare una perdita uditiva per le frequenze medio-gravi. Le malattie coronariche e la neuropatia periferica, invece, sono maggiormente associate allo sviluppo di ipoacusia per le frequenze acute (rischio aumentato rispettivamente di 4,39 e di 4,42 volte).
Il diabete va ascoltato. Dal Consensus Paper “Diabete e Udito” emerge chiaramente la necessità di inserire il test audiometrico nel controllo annuale di un paziente diabetico e di far sì che l’udito diventi un abituale argomento di discussione con il proprio medico. Dall’altro lato, però, anche un deficit dell’udito può diventare una spia della presenza di diabete ed è dunque opportuno monitorare le alterazioni della glicemia nelle persone con ipoacusia, così da diagnosticare precocemente un’eventuale condizione di diabete. “Trovare una soluzione all’ipoacusia fa parte integrante del DNA di Amplifon. Il desiderio di fare cultura e di fare luce su ogni aspetto dell’ipoacusia - dichiara Franco Moscetti, Amministratore Delegato del Gruppo Amplifon - ci ha spinto, con questo Consensus Paper, ad indagare la correlazione ipoacusia/diabete, poco conosciuta e spesso sottovalutata. Le evidenze più recenti suggeriscono l’importanza di fare informazione su questa associazione e la necessità di attuare strategie per individuarla tempestivamente: così si possono mettere in atto soluzioni che consentono il miglioramento della qualità di vita delle persone colpite da questi due disturbi. Si tratta di un obiettivo perfettamente in linea con la mission di Amplifon, leader mondiale nel settore delle soluzioni uditive, che da oltre 60 anni si impegna per permettere alle persone di sentire meglio per vivere meglio”. (GIOIA TAGLIENTE)


martedì 18 novembre 2014

Diabete: arriva FreeStyle Libre monitoraggio senza ‘pungidito’


In Italia, per un diabetico su due la puntura del dito è un buon motivo per non testarsi e la maggioranza delle persone con diabete non misura regolarmente la glicemia. 

E secondo i medici si tratta di un problema molto, molto grave se è vero, come dice Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia “che, in Italia la maggioranza delle persone con diabete non misura regolarmente la glicemia, con il risultato che va incontro a crisi ipoglicemiche tre volte di più di chi si controlla regolarmente e viene ospedalizzato il doppio delle volte con un costo a carico del SSN del 66% superiore”. Ecco perchè la notizia che in Italia è disponibile finalmente FreeStyle Libre, il primo sistema di monitoraggio FLASH del glucosio che, avvalendosi di una tecnologia avanzata con sensori, permette di ottenere un quadro completo del profilo glicemico senza usare lancette e senza pungere il dito. Il sistema è stato ora approvato in sette paesi europei: Italia, Germania, Francia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito e può essere acquistato online sul sito dedicato www.freestylelibre.it. Frutto della ricerca Abbott, il nuovo device è composto da un sensore da indossare e da un lettore. La lettura del livello di glucosio viene effettuata grazie al sensore che si applica sulla parte posteriore del braccio. Il piccolo sensore - grande quanto una moneta da 2 euro - misura automaticamente il livello di glucosio nei fluidi interstiziali e ne memorizza continuamente i valori, giorno e notte, attraverso un sottile filamento che si inserisce sottocute e rimane fissato grazie al materiale adesivo. Il sensore, che non richiede calibrazione, è progettato per rimanere applicato al corpo fino a 14 giorni e può essere indossato anche per nuotare, fare la doccia o qualunque attività fisica. Il lettore passato sul sensore rileva il valore glicemico in maniera indolore e veloce, in meno di un secondo, anche attraverso gli indumenti. I dati del glucosio vengono poi visualizzati in modo chiaro e intuitivo sul touch screen a colori.
Nuova vita anche per il medico. “Questo sistema apre una nuova era nel monitoraggio della glicemia poiché consente di controllare facilmente i livelli di glucosio sfruttando una tecnologia avanzata con sensori da indossare, senza usare lancette e senza pungere il dito - dichiara Emanuele Bosi, professore associato Dipartimento ‘Endocrinologia e Diabetologia’ Università Vita-Salute, S. Raffaele, Milano - FreeStyle Libre elimina il peso del controllo della glicemia e permette alle persone con diabete e ai medici di comprendere meglio il profilo glicemico e attuare le migliori strategie terapeutiche per un’ottimale gestione del diabete”. Oggi in Europa, circa 24 milioni di persone controllano ogni singolo giorno i propri valori glicemici, più della popolazione di Roma, Parigi e Londra assieme. Il sistema FreeStyle Libre elimina il peso del controllo continuo della glicemia e permette alle persone con diabete e ai medici di capire meglio la malattia. “I valori rilevati dal sensore vengono elaborati grazie all’Ambulatory Glucose Profile (AGP), un software avanzato che riassume statisticamente i dati standardizzati della glicemia e li visualizza graficamente, con un’interfaccia chiara e intuitiva, in pattern glicemici giornalieri di immediata comprensione - dichiara Stefano Genovese, responsabile U.O. Diabetologia e Malattie Metaboliche, Multimedica IRCCS, Sesto San Giovanni, Milano - Il software FreeStyle Libre può aiutare il medico a prendere decisioni ottimali sulla terapia ed il paziente ad avere maggiore consapevolezza della propria condizione. L’accesso a questo tipo di informazioni rende più produttivo il dialogo medico-paziente e può consentire ai diabetologi clinici una reale personalizzazione della terapia”. (STEFANO SERMONTI)
http://www.liberoquotidiano.it/news/salute/11712992/Diabete--arriva-FreeStyle-Libre-.html


domenica 16 novembre 2014

I Pistacchi combattono il diabete

E’ stato scientificamente dimostrato che i pistacchi combattono il diabete riducendolo drasticamente meglio di ogni cura,ma tutti tacciono,costano poco…

Pistacchi contro diabete di tipo 2: arrivano nuove conferme dall’EuropeanCongress on Obesity che si è tenuto a Sofia, in Bulgaria, dal 28 al 31 Maggio. Una ricerca presentata nel corso del convegno e promossa daAmerican Pistachio Growers, l’associazione ch rappresenta i coltivatori di pistacchio USA, suggerisce che il consumo di pistacchi potrebbe migliorare la resistenza all’insulina e quindi proteggere contro il diabete di tipo 2. Lo studio è stato condotto dalla Dott.ssa Mònica Bulló , Human Nutrition Unit, Faculty of Medicine and Health Sciences, Pere Virgili Institute for Investigating Health, Rovira i Virgili University, Reus, Spain, e dai suoi colleghi.


“Questa ricerca costituisce un’ulteriore e utile indicazione di come i pistacchi possano inserirsi vantaggiosamente nell’alimentazione quotidiana.” – afferma il professor Giorgio Doneganipresidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare – “Non soltanto per i conosciuti effetti antiossidanti e protettivi verso le malattie cardiocircolatorie, ma anche per la prevenzione di una patologia in preoccupante crescita come il diabete, spesso associata a uno stile di vita poco sano, sia per quanto riguarda l’alimentazione sia per ciò che concerne la scarsa attività fisica.“

Il consumo di frutta secca a guscio avrebbe così un effetto benefico su patologie come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. La frutta secca a guscio è infatti ricca di acidi grassi insaturi che sono stati associati a un minor rischio di malattie croniche, come i disturbi cardiovascolari. Inoltre, contiene altri composti bioattivi con proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti che sono benefici per la salute. 


Alcune evidenze ad oggi suggeriscono che il consumo di pistacchi può migliorare il metabolismo del glucosio, ma non ci sono studi che al momento valutino l’effetto della frutta secca a guscio sulla progressione del prediabete, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di diabete vero e proprio. In questo studio, i ricercatori avevano lo scopo di valutare l’effetto del consumo frequente di pistacchi sul metabolismo del glucosio e la resistenza all’insulina nei soggetti pre-diabetici. Afferma la dott.ssa Bullò : “La nostra ricerca suggerisce che il consumo regolare di pistacchi ha un effetto importante nel ridurre l’insulina e il glucosio, e potrebbe anche aiutare a contrastare alcune conseguenze metaboliche negative del pre-diabete“.

 Lo studio 54 persone sono state destinate a seguire per 4 mesi una dieta di controllo (CD) o una dieta ricca di pistacchi (PD, con 57g di pistacchi al giorno). Lo studio ha previsto 4 mesi di intervento per ciascuna dieta, con un periodo di riposo di due settimane: i partecipanti sono stati sottoposti a una delle due diete CD o PD per quattro mesi, con una pausa di due settimane, per poi sperimentare l’altra nei  4 mesi successivi. Le diete sono state adeguate per calorie e non differivano nella quantità di acidi grassi saturi e colesterolo. All’inizio e mensilmente, sono stati valutati parametri come le misure corporee, la pressione arteriosa, le abitudini alimentari e l’attività fisica. I campioni di sangue sono stati raccolti prima, all’inizio e alla fine di ogni periodo di intervento. 

I ricercatori hanno scoperto che non si sono verificate variazioni statisticamente significative nel BMI (indice di massa corporea) tra i periodi di osservazione. Il livello di glucosio a digiuno, l’insulina e i marcatori di insulino resistenza sono diminuiti  significativamente dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo. Rispetto ai partecipanti al gruppo CD , quelli del gruppo PD hanno mostrato una non statisticamente significativa diminuzione dei valori dell’emoglobina glicosilata (HbA1c), e una più alta ma non significativa riduzione nei livelli di colesterolo cattivo LDL , che è  diventata però significativa quando alcuni partecipanti sono stati esclusi dalle analisi (5 partecipanti hanno abbandonato lo studio per motivi personali). Altri marker di rischio metabolico come fibrinogeno, GLP – 1, LDL ossidato e fattore  piastrinico hanno mostrato tutti una riduzione statisticamente significativa dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta controllo. Gli autori concludono: “Il consumo regolare di pistacchi potrebbe diminuire la resistenza all’insulina suggerendo un potenziale ruolo protettivo del pistacchio contro lo sviluppo del diabete di tipo 2 .”


venerdì 14 novembre 2014

Diabete, un piano nazionale da attuare davvero

Un progetto ambizioso, che dovrebbe portare a un approccio sempre più integrato
alla malattia, con lo scopo di disegnare le terapie sempre più «su misura»
di Luigi Ripamonti shadow

Un adagio molto popolare fra i diabetologi recita: «non è il diabetico che costa, ma il diabetico con complicanze». È vero: un diabetico ben controllato costa al Servizio sanitario nazionale più o meno come una persona che il diabete non ce l’ha. E proprio perché i diabetici fossero ben controllati è stato emanato circa un anno fa il Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica. Un progetto ambizioso, che dovrebbe portare a un approccio sempre più integrato alla malattia, con lo scopo di disegnare le terapie sempre più «su misura» rispetto alle esigenze dei singoli pazienti, terapie che possono essere anche sensibilmente diverse. Una cura personalizzata avrebbe il vantaggio di essere più efficace, meglio seguita e meglio tollerata, il che comporterebbe anche un vantaggio economico per l’intero sistema.
Ottime premesse e saggi obiettivi. Ma in quale misura il progetto è stato attuato? Dopo un anno la risposta è, come al solito nel nostro Paese: qui un pò di più, là un po’ meno. Insomma, siamo alla solita copertura “a macchia di leopardo”. Con una variante sorprendente: stavolta alcune delle Regioni in genere «virtuose» risultano a prima vista più in ritardo di altre che di solito si guadagnano voti bassi nella pagella dell’efficienza. Salvo scoprire che, in realtà, alcune di queste, sulla carta prontissime a rispondere «sissignore», hanno invece provveduto magari a girare fondi destinabili al Piano sul diabete ad Asl con i conti in profondo rosso, tagliando aiuti già in essere per i diabetici.

Non che il Piano per il Diabete sia di facile attuazione. La distribuzione dei ruoli e delle responsabilità fra specialisti, medici di medicina generale, ospedali, servizi territoriali, è oggetto di discussioni anche molto vivaci e ci vorrà del tempo per trovare la quadratura del cerchio. Resta il fatto che una governance efficace del diabete è una priorità, non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale, perché i numeri della malattia sono in crescita costante, e l’impatto economico importantissimo, specie in uno Stato con sistema sanitario solidaristico universale come il nostro è (e vorremmo restasse). E, con un apparente paradosso, l’unica strategia possibile per sopportare l’urto dei costi è metterli in secondo piano rispetto all’attenzione alla salute del paziente. Perché una buona medicina, lo dimostrano decine di studi economici, costa molto meno di una medicina non buona, che è quasi sempre una medicina che spreca risorse.

http://www.corriere.it/salute/cardiologia/14_ottobre_17/diabete-piano-nazionale-attuare-davvero-9cd89764-55f8-11e4-8d72-a992ad018e37.shtml





giovedì 6 novembre 2014


Friggere i cibi rappresenta uno dei metodi di cottura preferiti in tutto il mondo ma attenzione a non mangiare cibi fritti ogni giorno, poiché è pericoloso per la salute: le donne infatti che lo fanno hanno un rischio raddoppiato di sviluppare il diabete durante la gravidanza. Lo rivela un nuovo studio condotto presso l’Università di Harvard, negli Stati Uniti d’America.


Per giungere a tali risultati, i ricercatori hanno esaminato lo stile di vita di oltre 15 mila donne per un periodo di ben dieci anni, ed è emerso che la possibilità di sviluppare il cosiddetto diabete gestazionale è molto più alto per coloro le quali mangiano cibo fritto ogni giorno. Nello specifico le donne che scelgono di consumare frittura sette giorni su sette hanno l’88% di possibilità in più di entrare in questa condizione rispetto a chi invece lo fa meno di una volta alla settimana.
Questo tipo di diabete si verifica quando le donne incinte non riescono a produrre una sufficiente quantità di insulina, dunque il livello di glicemia diventa di conseguenza troppo alto; il diabete gestazionale è pericoloso se non viene scoperto e curato poiché può portare a un parto prematuro, alla nascita di un bambino troppo grande e – nei casi più gravi – anche alla morte del neonato subito dopo il parto.

Qual è la causa che porta al diabete gestazionale? Secondo i ricercatori dell’Università di Harvard, la frittura rilascia sostanze chimiche nocive nel cibo che influenzano il modo con cui il corpo controlla lo zucchero nel sangue. Peraltro, come è già ampiamente noto, i cibi fritti portano a un facile aumento di peso: spiega infatti il dottor Richard Elliott del Diabetes UK che «questo studio non dimostra che mangiare cibi fritti è una causa diretta del diabete gestazionale, ma mette in evidenza il legame tra una dieta non sana e un aumento di peso nello sviluppo della condizione».
È dunque particolarmente importante scegliere uno stile di vita alimentare più sano, soprattutto per chi sta aspettando un bambino: meglio evitare qualsiasi rischio usando altri metodi di cottura più salutari (come ad esempio al vapore o alla griglia) e in generale mangiando bene e in modo equilibrato, senza troppi eccessi.

lunedì 3 novembre 2014

Diabete Tipo 1, le staminali offrono nuove speranze


Scritto da: Francesco Lanza - venerdì 10 ottobre 2014


le cellule staminali sono state spinte a diventare cellule B pancreatiche. Potrebbe significare la fine delle iniezioni di insulina per milioni di persone.




La notizia è grande, grandissima e davvero importante: se tutto va bene, in futuro nessun bambino dovrà più crescere con un pancreas compromesso, costretti a iniezioni di insulinaper sopravvivere. Milioni di persone affette da diabete di tipo 1 potrebbero vedere la propria vita cambiata, grazie alla ricerca Douglas Melton, scienziato di Harvard.
I suoi due figli sono nati entrambi con il diabete di tipo uno, e lui - specializzato proprio nelle staminali - ha fatto quello he ha potuto come padre e come scienziato. Dopo 15 anni di fatiche, ha pubblicato gli esiti della sua ricerca. Si tratta di una procedura delineata passo-passo, che parte dalle cellule staminali e finisce per creare miliardi di cellule B pancreatiche, creatrici della preziosa insulina.
Secondo i membri del suo team di Harward, sarà possibile in futuro creare dei “bioreattori” in grado di produrre quantità “scalabili” di cellule beta, e di impiantarle sui pazienti in capsule capaci di difenderle dal sistema immunitario.
Come sempre con queste notizie - e questo pesa molto allo stesso Melton, che ha un doppio interesse personale nel vedere la ricerca raggiungere la fase di test sugli esseri umani - si parla sempre di anni e anni di attesa. “Siamo davvero stufi di curare i topi” dice il ricercatore “[…] Ma ho grandi speranze sulla totalità del successo di questo piano a lungo termine”.
E i topi, infatti, non sono più gli unici ad essere oggetto di sperimentazione. Grazie a una collaborazione con l’università di Chicago, infatti, si è potuto avere accesso ai primati. È troppo presto per parlare di Nobel? Forse. Ma solo di qualche anno.
Come dice Chris Mason, professore esperto di medicina rigenerativa presso l’University College of London: “Un progresso scientifico è creare cellule che guariscono a tutti gli effetti un topo diabetico. Un progresso medico è invece essere in grado di produrre cellule a un livello tale da guarire tutti i diabetici. Questa ricerca, insomma, è un progresso scientifico, e in potenza un progresso medico”.
Le ricerche collegate di Dieter Egli e Daniel Anderson
Il lavoro di Melton è anche un motore di innovazione, una scarica di energia nella comunità della ricerca sul diabete. Dieter Egli, ricercatore della Columbia University è infatti stato in grado di creare cellule staminali embrionali a partire da un individuo affetto da diabete di tipo 1. Il suo prossimo progetto comprende il passo successivo, applicare il procedimento passo-passo di Melton per creare cellule beta pancreatiche.
E nel frattempo al MIT, Melton ha creato una collaborazione con il bio-ingegnere Daniel Anderson per superare il problema successivo: impedire al sistema immunitario di aggredire le nuove cellule beta.
Se pensiamo all’impatto sociale futuro di questa ricerca, pare davvero di aver messo le mani su una sorta di Santo Graal, e per una volta non si tratta di sensazionalismo.
Via | Boston Globe

© Foto Getty Images - Tutti i diritti riservati