mercoledì 22 ottobre 2014

Diabete gestazionale: cos’è, quali i rischi, come curarlo

Il 16% delle future mamme sviluppa il così detto diabete gestazionale, molto simile a quello di tipo 2 che solitamente insorge dopo i 60 anni in conseguenza di abitudini alimentari sbagliate e di uno stile di vita sedentario; particolarmente a rischio sono le gestanti in sovrappeso, quelle che hanno già sviluppato tale patologia in precedenti gravidanze e quelle che presentano nella storia clinica familiare casi di diabete. In sostanza, il diabete gestazionale è una manifestazione precoce di un diabete di tipo 2 slatentizzato dallo stress metabolico della gravidanza; certo, una situazione da non sottovalutare, ma anche una opportunità per correggere il proprio stile di vita. Vediamo insieme cosa lo causa, quali sono i rischi per la madre e per il piccolo e quali sono le terapie previste.
Normalmente, gli ormoni della placenta contrastano l’insulina prodotta dal corpo della madre per garantire al piccolo il giusto apporto di zuccheri; quando questo meccanismo si altera, ecco comparire il diabete gestazionale: si instaura una situazione di insulinoresistenza e nel sangue materno riscontra una concentrazione eccessiva di glucosio.
Il problema deve essere diagnosticato fra la 23esima e la 28esima settimana di gestazione; per farlo basta osservare la curva glicemica materna sottoponendo la donna a tre prelievi di sangue in tre momenti diversi: prima di assumere 75 grammi di glucosio, a distanza di un’ora e dopo due ore dall’assunzione. La concentrazione di glucosio nel sangue non deve superare rispettivamente i 93, 180 e 153 milligrammi di glucosio per decilitro di sangue.
Quali sono i rischi? Nella madre lo scompenso metabolico può comportare complicanze cardiovascolari, mentre il bambino può avere un maggior peso alla nascita, con una media di 4,3 chili. Questo può portare a complicanze durante il parto e a un taglio cesareo, mentre le attuali terapie hanno drasticamente abbassato l’incidenza di casi di morte endouterina e sofferenza fetale. Un ulteriore e importante rischio è quello che il piccolo, cresciuto in un utero con alti valori di glicemia, possa sviluppare a sua volta il diabete di tipo 2.
La terapia consiste in un cambio di alimentazione: diminuiti gli zuccheri e i grassi, è necessario incrementare il consumo di frutta, verdura, pesce, pollame e legumi; inoltre è necessario praticare una attività fisica anche moderata. Bastano 40 minuti di passeggiata a passo svelto tutti i giorni. Nel casi più severi si può fare ricorso all’insulina; in ogni caso è necessario monitorare la crescita del piccolo attraverso ecografie periodiche.

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