Lavorare
più di 55 ore a settimana fa aumentare di un terzo il rischio di sviluppare il
diabete di tipo 2, ma solo se si è impiegati in lavori manuali o
comunque con uno status socioeconomico basso. A questa conclusione sono giunti
gli autori di uno studio appena
apparso sulla rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology alla fine di una meta-analisi
compiuta su 4 studi pubblicati e sui dati non pubblicati di altri 19 studi su
una polazione totale di 22 uomini e donne di Stati Uniti, Europa,
Giappone e Australia, seguiti in media per quasi 8 anni.
Rispetto
a chi lavora con un normale orario settimanale di 35-40 ore, chi supera le 55
vede aumentare significativamente i rischi. L'associazione, che regge anche
tenendo conto di diversi fattori di rischio noti come il sovrappeso, il fumo,
l'età, il sesso e perfino il lavoro su turni, di cui si conosce il ruolo
nell'insorgenza del diabete, non è però risultata valida per tutti i tipi di
lavoro, ma solo per quelli di profilo più basso.
"Anche
se è improbabile che l'orario di lavoro aumenti il rischio di diabete in tutti,
i professionisti del settore sanitariodovrebbero
essere consapevoli che è associato a un rischio significativamente più alto in
chi fa lavori dallo status socioeconomico più basso", ha dichiarato Mika
Kivimäki, tra gli autori della meta-analisi. Su quali siano i meccanismi alla
base di questa associazione saranno però necessari ulteriori studi. Tra le
spiegazioni possibili, secondo i ricercatori, ci sono orari di lavoro
organizzati in modo da lasciare poco spazio per attività ricreative e ristoratrici come dormire,
rilassarsi, fare esercizio fisico.
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